Cronaca
18 Ottobre 2025
Parla Alberto Dallari, imputato per omissione di soccorso nei confronti del 68enne Mauro Gallerani: "Era la vittima ideale. Non adottai la terapia con la tachipirina perché favorisce le infezioni, le infiammazioni, la malattia e la morte"

Morì col Covid dopo le cure col farmaco veterinario. “L’errore fu avere fiducia nei medici dell’ospedale”

Alberto Dallari
di Davide Soattin | 5 min

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“Gli dissi di avere fiducia nei medici, ma forse questo è stato il mio errore, perché in ospedale hanno sottovalutato la situazione“. Per Alberto Dallari, medico in pensione di Reggio Emilia, oggi accusato di omissione di soccorso nei confronti di un proprio paziente, Mauro Gallerani – 68 anni, di Corporeno, morto dopo un mese di ricovero all’ospedale Sant’Anna di Cona a seguito del contagio da Covid-19 – l’unico ‘sbaglio’ sarebbe stato quello di aver riposto fiducia nei professionisti del sistema sanitario nazionale.

Non, invece, quello di aver sottoposto il proprio assistito, almeno fino al momento del ricovero, a un protocollo di cura che prevedeva l’uso di ivermectina (farmaco antiparassitario a prevalente impiego veterinario) e colchicina (utilizzata nella terapia della gotta), nonostante le esplicite raccomandazioni contrarie fornite dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).

Non ho alcun problema a confermare la terapia, di cui sono assolutamente convinto a livello professionale” ha dichiarato in aula l’imputato. Dallari ha spiegato che il piano terapeutico adottato per il 68enne derivava da un protocollo approvato dalla Flccc, la Front Line Covid-19 Critical Care Alliance, un gruppo composto da medici e da alcuni ex giornalisti, nato nell’aprile 2020, che – secondo le definizioni facilmente reperibili online – ha promosso “vari trattamenti non approvati, controversi e inefficaci contro il Covid-19, come – appunto – l’uso di idrossiclorochina, ivermectina e altre combinazioni di farmaci e vitamine”.

Per questo motivo, nel caso di Gallerani, niente tachipirina e vigile attesa. “Lo avrebbero ucciso subito anche perché la tachipirina favorisce le infezioni, le infiammazioni, la malattia e la morte” ha affermato Dallari, anche se le evidenze scientifiche dicono altro. E, proprio a tal proposito, incalzato dalle domande del pm Alberto Savino, il medico ha aggiunto: “Sono consapevole di non aver seguito i gold standard della comunità scientifica italiana, ma di aver adottato quelli riconosciuti dalle comunità scientifiche di tutto il mondo, ad eccezione della Comunità Europea”.

Gallerani, che aveva posizioni non favorevoli al vaccino, era anche contrario all’assistenza ospedaliera. Dallari lo prese in carico con cura domiciliare il 25 agosto 2021, ma le condizioni di salute precipitarono e il 3 settembre venne portato da un’amica in ospedale, quando il quadro clinico era già molto critico, con la saturazione a 57. Al Sant’Anna, i sanitari fecero di tutto per provare a salvarlo, ma il 7 ottobre, dopo oltre un mese di ricovero, morì. Fu lo stesso ospedale a segnalare il fatto alla Procura di Ferrara.

Aveva il terrore dell’ospedale e della parola ricovero, ma arrivai comunque a proporglielo – ha raccontato Dallari – perché c’era stato un peggioramento improvviso, dovuto a un sospetto di embolia polmonare che non era trattabile a casa. Gli dissi che, una volta arrivato al pronto soccorso, avrebbe dovuto chiedere il plasma iperimmune. Se glielo avessero somministrato subito, sarebbe stato salvo e non lo avrebbero intubato, perché intubare una persona in quelle condizioni significava ucciderla“.

Quanto alla volontà del paziente rispetto al ricovero, l’imputato ha proseguito: “Era molto preoccupato, tant’è che in una telefonata mi chiese di essere ricoverato nel mio ospedale, ma io non avevo un ospedale e non potevo farlo. Mi disse inoltre che lo volevano uccidere, che lo volevano far morire“.

A Dallari sono state chieste spiegazioni anche relativamente a una frase pronunciata durante una conversazione telefonica con un’amica di Gallerani, quando il 68enne – già ricoverato – versava in un stato di sedazione: “Lui deve morire, deve morire perché se si sveglia potrebbe difendermi“.

In aula, l’imputato ha precisato che quella frase non era da interpretare come un augurio di morte, ma come la descrizione – a suo dire – di una situazione in cui Gallerani sarebbe diventato il bersaglio ideale per danneggiare lui e il gruppo Ippocrate.org, di cui era volontario. Secondo l’imputato infatti, usando parole estremamente forti, il paziente “era la vittima ideale per colpire la nostra organizzazione“. Di più: “Sarebbe stato il delitto perfetto – ha spiegato – perché non aveva molti parenti, era solo, non era vaccinato e non si poteva difendere”.

Ha aggiunto inoltre che Gallerani “aveva una grande forza e una capacità notevole” e che aveva “solo bisogno di ossigeno e di persone normali che lo aiutassero a mantenere la calma”. “Hanno invece chiamato uno psichiatra per valutarne le condizioni e poi lo hanno sedato, al fine – ha riferito – di una maggiore capacità gestionale da parte dei medici. Ma perché chiamare uno psichiatra se una persona sta morendo? Forse vuol dire che non era così grave? Non so se ci sia stato un disegno, ma sicuramente si è trattato di una gravissima malpractice. Non gli è stato somministrato il plasma iperimmune, non gli sono stati somministrati gli anticorpi monoclonali, non è stato sottoposto ad angioTAC. Non doveva nemmeno essere sedato né tracheotomizzato, come invece è successo”.

Il pm Savino aveva inizialmente indagato Dallari per omicidio colposo dovuto all’uso di una cura non adeguata. Gli accertamenti tecnici eseguiti però non avevano stabilito l’esistenza di un nesso univoco tra la cura errata e la morte del paziente, che aveva anche altri gravi problemi di salute, né avevano potuto dare la necessaria certezza, richiesta dalla giurisprudenza, che la cura ‘standard’ lo avrebbe sicuramente salvato, anche se la probabilità stimata è più elevata.

Però, secondo la Procura, quel metodo di gestione del paziente a domicilio e tramite messaggi via WhatsApp non rispettò la diligenza richiesta a un medico e costituì un’omissione di soccorso da parte di Dallari, difeso dall’avvocato Linda Corrias.

Per il pm Ciro Alberto Savino, nonostante l’evoluzione della malattia in Covid-19 grave con serio e concreto pericolo per la vita, il medico avrebbe infatti omesso di attivarsi tempestivamente per assicurare ogni specifica e adeguata assistenza al paziente, come avvertire l’autorità sanitaria o ordinare egli stesso la doverosa ospedalizzazione, aggiungendo – sostiene la Procura – di non effettuargli né chiamate né messaggi vocali, rispondendo solo alcuni giorni dopo, quando ormai Gallerani versava in grandissime condizioni, con laconici sms contenenti le prescrizioni a distanza di farmaci inadeguati allo scopo.

Il processo tornerà in aula il 21 novembre per la discussione.

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