“La kefiah è un simbolo del terrorismo”. Con queste parole Luca Caprini, vice capogruppo della lista Alan Fabbri Sindaco, ha attaccato duramente la consigliera del M5S Marzia Marchi, colpevole – a suo dire – di aver portato in aula il tradizionale copricapo arabo durante le sedute del Consiglio comunale. Nella nota diffusa alla stampa all’indomani dell’ultima riunione, Caprini ha accusato la collega di trasformare un simbolo “di chi della pace è il nemico giurato” in un gesto politico di provocazione, collegando apertamente la kefiah all’estremismo e alle azioni di Hamas.
“Durante l’ultimo Consiglio Comunale – ha dichiarato Caprini – la consigliera Marchi ha nuovamente proposto la solita lezioncina sulla non violenza, sulla moderazione dei toni e sul “genocidio” del popolo palestinese causato dall’azione militare di Israele”.
Secondo Caprini, “sullo suo scranno è ormai divenuta consuetudine notare, durante ogni seduta, una kefiah ben visibile. Un simbolo che, in un contesto istituzionale, rappresenta un atto di evidente provocazione e una violazione dei principi di imparzialità e rispetto che dovrebbero contraddistinguere l’aula consiliare”.
Il vice capogruppo ha poi accusato la consigliera di alimentare tensioni: “È la stessa consigliera, infatti, a generare spesso interruzioni e tensioni che impediscono il regolare svolgimento dei lavori, arrivando ad attaccare inopportunamente i consiglieri che sostengono l’Amministrazione e a tacciarli di fascismo a interventi alterni”.
Particolarmente opinabile la parte dell’intervento in cui Caprini lega il significato della kefiah al terrorismo: “È bene ricordare – ha proseguito – che la kefiah, dopo l’intifada lanciata da Arafat, è divenuta un simbolo del terrorismo. Non a caso gli uomini di Hamas la indossano durante le cosiddette “cerimonie di restituzione” degli ostaggi israeliani, così come nelle esecuzioni sommarie che purtroppo vediamo in queste ore”.
Affermazioni che, pur espresse nel contesto di una critica politica, appaiono quantomeno discutibili: la kefiah, tradizionalmente, è infatti un indumento della cultura araba con radici storiche ben precedenti ai conflitti moderni, e la sua identificazione univoca con il terrorismo è un’interpretazione che molti osservatori considerano eccessiva.
Caprini ha infine richiamato l’esigenza di rispetto istituzionale e moderazione: “Se davvero si vuole dare voce alla pace e alla prospettiva di due popoli e due Stati – come ha ricordato il sindaco Fabbri nel suo intervento del 13 ottobre, giorno della tregua – è necessario iniziare proprio da qui, dal rispetto del luogo e del linguaggio”.
E conclude ancora con toni polemici: “Invito infine la consigliera a evitare di recitare la parte della “buona” indossando capi che richiamano chi della pace è il nemico giurato. Il Consiglio Comunale non è un palcoscenico, e ancor meno un luogo dove sfilare con simboli che identificano i terroristi”.
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