Desidero segnalare un episodio che credo rappresenti un problema più generale nel funzionamento dei nuovi Centri di Assistenza e Urgenza (Cau), istituiti in Emilia-Romagna e presentati come un passo avanti verso una sanità territoriale più efficiente e vicina ai cittadini.
Il 13 ottobre, forse colpito da qualche strale dell’opposizione, ho avuto un problema di salute e, come previsto, mi sono recato al Cau dell’Ospedale di Corso Giovecca a Ferrara. Il medico presente è stato gentile, scrupoloso e ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità. Tuttavia, con mio stupore, ho scoperto che non era disponibile nemmeno un elettrocardiografo (Ecg), uno strumento di base in qualsiasi contesto di pronto intervento o di primo livello diagnostico, comunque sia, grazie al mio medico di base, il mattino successivo ho potuto fare l’accertamento strumentale.
Questo mi ha portato a riflettere sul senso reale dei Cau.
Molto si è detto sulla loro utilità per alleggerire i Pronto Soccorso e garantire risposte più rapide ai cittadini con problemi minori. Ma se, nella pratica, questi centri non dispongono della strumentazione minima necessaria, rischiano di trasformarsi in presìdi a valenza prevalentemente psicologica, utili più per “tranquillizzare” il cittadino che per offrirgli un concreto aiuto sanitario.
Non si tratta di una critica al personale, che anzi lavora con professionalità e impegno, spesso in condizioni tutt’altro che semplici. Il problema è strutturale e organizzativo: non si può parlare di medicina di prossimità se mancano gli strumenti essenziali per effettuare diagnosi di primo livello.
Credo che i responsabili sanitari e istituzionali debbano interrogarsi con urgenza su questo aspetto e intervenire affinché i Cau possano davvero svolgere la funzione per cui sono stati istituiti. In caso contrario, si rischia di creare una rete di servizi che esiste solo sulla carta, ma che nei fatti non garantisce la sicurezza e la tutela dei cittadini In pratica si butta denaro che dovrebbe essere destinato alla salute della comunità.
La sanità pubblica vive un momento delicato, e le riforme – per quanto animate da buone intenzioni – devono poggiare sulla concretezza. Dotare i Cau degli strumenti di base non è un dettaglio tecnico, ma un atto di rispetto verso i cittadini e verso gli stessi medici che vi lavorano.
Francesco Rendine
Consigliere Civica Alan Fabbri Sindaco