di Ilaria Baraldi*
“Abbiamo qui una giovane donna. Non mi sarebbe permesso dirlo – negli Stati Uniti, di solito, è la fine della carriera se lo fai – ma correrò il rischio: è una donna giovane e bellissima. Voleva essere qui, è incredibile. In Italia è un politico di grande successo. Non ti dispiace se dico che sei bellissima? Perché lo sei davvero”.
Questo è il presidente degli Stati Uniti Trump, che si rivolge alla presidente del consiglio Meloni.
Il siparietto da varietà avrebbe dovuto imbarazzare Meloni come presidente e come donna, senz’altro mette in imbarazzo il paese da lei governato.
Trump – che ha superato in egomania e maschilismo travestito da galanteria ogni primato berlusconiano – pensa certamente di fare cosa gradita, perché l’unico modo che gli uomini come Trump hanno per relazionarsi con le donne è quello del potere giocato sul piano economico e estetico, non ne comprendono l’inopportunità né che ci siano donne impermeabili a tale modalità seduttiva.
Questo è l’esempio più plastico e chiaro di cosa sia il patriarcato. Non serve nemmeno spiegarlo: basta guardare il video.
Dietro Trump, Giorgia Meloni, che appare e scompare alle spalle del presidente Usa per tutto il tempo del discorso. Poi, nella foto finale, unica donna sul palco, all’estremità destra, sola.
Meloni sorride tutto il tempo e Trump riesce a parlare di lei dandole le spalle senza mai pronunciare né il suo nome né il nome del paese Italia. Tanto basterebbe per far stramazzare i sovranisti di casa nostra, di cui Meloni è a capo, ma siccome il regista e sceneggiatore della scenetta è il presidente Usa, qualsiasi umiliazione può essere digerita.
“Quella giovane donna carina” è la presidente del consiglio, e alle donne che fanno politica come me verrebbe da correre in soccorso per rivendicarne il titolo e per chiedere rispetto e riconoscimento ad una donna che ha rotto il soffitto di cristallo e bla bla se non fosse che Meloni è talmente parte di questo sistema maschilista e sessista – tutto nella sua postura, nella comunicazione verbale e non verbale lo conferma – che è difficile resistere alla tentazione di pensare che se accetti le regole del patriarcato per farti strada, e non fai niente per cambiarlo, prima o poi il patriarcato ti sbatte forte in faccia la porta della stanza del potere cui tu non avrai accesso, perché i maschi nella stanza occuperanno tutte le sedie.
Purtroppo le donne come Meloni, potenti, forti e contro il femminismo e madri cristiane, non hanno ancora capito che tra le vittime del patriarcato ci sono anche loro.
Certo, a cascata tutte noi, tutte le altre, le ragazze palpeggiate sugli autobus, vittime di bodyshaming e bullizzate, le professioniste cui si chiede il caffè, le dottoresse apostrofate “signorina”, quelle pagate meno degli uomini , quelle che non fanno carriera, quelle che dopo i figli è meglio il part time, le madri sole che si arrabattano, le caregiver che tengono in piedi casa, famiglia e lavoro perché si sa, la cura è una caratteristica tutta femminile che poi, beate noi, che siamo multitasking.
Se alla sceneggiata di Sharm el Sheikh la presidente Meloni non si fosse prestata, mostrandosi meno compiaciuta, sarebbe apparsa anche ai nostri occhi meno ancella e più presidente.
Se Meloni fosse dalla parte di tutte le donne, come spesso rivendica, forse in questi anni di governo qualcosa sarebbe cambiato, anche nel modo di fare politica e di stare nelle istituzioni di uomini e donne di destra. Qui a Ferrara di sicuro nulla è cambiato.
Al governo della città sta ancora Fabbri con la sua originale interpretazione del fair play istituzionale: lunedì pare abbia dato della “comunista di mer**” alla consigliera Anna Zonari. Lo ha fatto lontano dal microfono, già era evento eccezionale fosse in aula, per cui nulla di registrato, perché certi commenti ci tiene a farli ma preferisce farli fuori onda.
Ci amareggia e offende ma non stupisce. Fabbri preferisce interpretare il maschilismo alla vecchia maniera, quella del maschio che zittisce le donne, ride loro in faccia e le chiama con la desinenza maschile. Tutte scene viste e sentite in consiglio comunale, quando sindaco e vicesindaco si divertivano a bullizzare la consigliera Ferraresi.
Oggi tocca ad altre donne dell’opposizione subire gli effetti del patriarcato nostrano, meno raffinato di quello statunitense e ugualmente dannoso. Solidarietà a loro e alla consigliera Zonari, a nome di tutte le donne democratiche, di nome e di fatto.
* portavoce Conferenza Donne democratiche di Ferrara
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