Politica
15 Ottobre 2025
La consigliera: "La violenza verbale è sempre un segno di debolezza. Io scelgo di restare dalla parte delle parole forti ma pulite: quelle che chiedono pace e giustizia"

Zonari: “Il dissenso non si insulta”

di Redazione | 2 min

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Torna sull’episodio del Consiglio comunale del 13 ottobre Anna Zonari (La Comune di Ferrara), quando il sindaco Alan Fabbri, come da lei immediatamente denunciato durante la seduta, le avrebbe “urlato un insulto personale a me rivolto: ‘Comunista di m***a’”.

Il commento, fatto fuori microfono mentre Fabbri si allontanava dall’aula, è arrivato durante la presentazione dell’ordine del giorno promosso dalla consigliera intitolato “Per la pace, la legalità internazionale e la fine dell’economia del genocidio”.

“Il sindaco – scrive Zonari -, per una volta presente, ha ritenuto opportuno interrompermi subito, definendo il mio intervento ‘anacronistico’, dal momento che tutto il mondo stava festeggiando la pace tra israeliani e palestinesi”.

“Nonostante il mio tentativo di proseguire – aggiunge – per spiegare il senso politico e dell’ordine del giorno presentato, il perché avevo scelto di presentarlo, il sindaco, nell’abbandonare l’aula visibilmente infastidito, ha urlato un insulto personale a me rivolto”.

“È un fatto grave – sottolinea -, che parla da sé”.

“Un sindaco che insulta una consigliera in aula – argomenta -, durante una discussione sulla pace, rivela il livello a cui certa politica è disposta a scendere pur di non ascoltare parole che la mettono a disagio”.

Zonari per non si lascia “intimidire, né mi lascerò trascinare nel fango dell’offesa personale”.

La consigliera spiega dunque che continuerà “sempre più convinta a parlare di pace, a praticarla con il linguaggio e i comportamenti, a chiedere il rispetto della legalità e del diritto internazionale, la presa di posizione delle istituzioni, anche comunali, nelle scelte economiche e politiche che possono contribuire a portare giustizia”.

“Chi si definisce democratico – prosegue – dovrebbe sapere che il dissenso non si insulta: si ascolta, e si risponde nel merito. Ma quando mancano gli argomenti, restano solo gli insulti, evidentemente”.

“La violenza verbale – conclude – è sempre un segno di debolezza. Io scelgo di restare dalla parte delle parole forti ma pulite: quelle che chiedono pace e giustizia”.

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