Una nuova molecola biotech potenziata potrebbe cambiare il trattamento dell’emofilia B: è stata ingegnerizzata per migliorare l’efficacia della coagulazione e ridurre la frequenza delle infusioni. Il risultato, pubblicato su Nature Communications, arriva da uno studio internazionale a guida Unife che vede protagonisti ricercatrici e ricercatori dell’Università di Ferrara, tra i quali il professor Alessio Branchini, il professor Mirko Pinotti e la dottoressa Maria Francesca Testa, insieme ai colleghi dell’Università di Oslo e del San Raffaele di Milano.
“Tutti in un modo o in un altro abbiamo incontrato il processo della coagulazione quando abbiamo visto guarire una piccola ferita. Esistono purtroppo casi di malattie genetiche ereditarie, come l’emofilia B, in cui uno dei fattori che rendono la coagulazione efficace risulta mancante, in particolare quello che viene chiamato fattore IX. In questi pazienti, uno degli approcci terapeutici più utilizzati è la cosiddetta terapia sostitutiva, ovvero l’infusione di un fattore IX “ricombinante”, cioè prodotto in laboratorio. Tuttavia, il limite di questa terapia è rappresentato dall’efficacia limitata nel tempo che rende necessarie infusioni ripetute” spiega il professor Alessio Branchini del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie di Unife.
Ora, grazie all’ingegneria genetica e proteica, le ricercatrici e i ricercatori sono intervenuti sulla molecola terapeutica, il fattore IX “ricombinante” appunto, per renderla una super-molecola e migliorarne le caratteristiche.
“Per migliorarla abbiamo agito su più fronti grazie ad un approccio di tipo biotecnologico, ottenendo due nuove molecole ad alta efficacia. Le modifiche apportate ci hanno permesso di rendere queste molecole più “personalizzate” per una potenziale efficacia massima a breve termine, come in casi di emorragia acuta, oppure per un uso a lungo termine tipico della profilassi, dove un’efficacia duratura è di estrema importanza” sottolinea Branchini.
“In particolare, abbiamo creato una combinazione – nello specifico una fusione – tra il fattore IX della coagulazione e l’albumina, una proteina che circola naturalmente nel nostro sangue con alta stabilità, in una sua variante modificata con stabilità ancor più elevata. Non solo, abbiamo anche modificato il fattore IX in modo da conferirgli una capacità coagulante superiore al normale. Infine, con un’altra modifica specifica abbiamo reso queste molecole ancor più personalizzabili dal punto di vista dell’efficacia” specifica ancora Branchini.
«I nostri studi nel modello animale che mima l’emofilia B umana, hanno dimostrato che le nuove molecole biotecnologiche possiedono caratteristiche innovative e migliori dal punto di vista dell’attività biologica rispetto a farmaci simili. Queste stesse caratteristiche sono di rilevanza estrema nel campo della coagulazione, soprattutto se pensiamo che le molecole generate possono essere sfruttate in modo personalizzato e personalizzabile a seconda delle esigenze» conclude il professor Mirko Pinotti del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie di Unife.
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