Condannato per violenza sessuale aggravata dopo dieci anni. È il verdetto a cui ieri (mercoledì 8 ottobre) pomeriggio è giunto il collegio del tribunale di Ferrara – presidente Piera Tassoni con a latere i giudici Sandra Lepore e Giuseppe Palasciano – nei confronti di un 33enne di nazionalità nigeriana, a cui sono stati inflitti quattro anni di pena in primo grado per aver abusato della figlia di un’amica della propria compagna che, all’epoca dei fatti per cui la Procura lo ha portato a processo, aveva meno di 14 anni.
La vicenda sarebbe avvenuta nel 2015, quando l’imputato era un 23enne, ma la giovane – anche lei cittadina nigeriana, oggi maggiorenne – aveva trovato il coraggio di denunciarla solamente cinque anni dopo, rompendo quel pesante silenzio. Prima con lo psicologo scolastico e poi con la madre.
Il fatto era avvenuto in un appartamento al Grattacielo. Lì, per la Procura di Ferrara, approfittando della momentanea assenza della madre, che era andata in un’altra stanza insieme all’amica, l’uomo aveva palpeggiato la giovane e si era strusciato su di lei per circa cinque minuti.
Poi non contento – sempre secondo quello che era l’impianto accusatorio con cui era stato portato a processo – l’uomo l’aveva anche minacciata di farle del male semmai avesse deciso di parlare e raccontare l’accaduto a qualcuno.
Durante l’istruttoria dibattimentale, oltre alla ragazza, erano stati sentiti in aula sia lo psicologo scolastico che la madre della giovane. Quest’ultima, in particolare, riferì che un giorno la figlia le confessò che “un uomo le aveva toccato il seno“.
Una confessione sofferta, arrivata non senza difficoltà, dopo che – qualche mese prima – gli insegnanti l’avevano avvisata di alcuni strani comportamenti da parte della giovane. “Mi avevano telefonato, dicendomi che mia figlia voleva uccidersi e che aveva attacchi di panico” sottolineò la donna.
“Da quel momento ho iniziato a chiederle che cosa le stesse succedendo, ma non ho mai avuto risposta” proseguì la madre in aula, fino a quando – a novembre 2019 – la ragazza decise finalmente di aprirsi e di raccontare perché “preoccupata di incontrare quell’uomo in giro per la città“.
Ieri, a distanza di dieci anni da quella violenza, il 33enne è stato condannato in primo grado. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro novanta giorni, dopodiché la difesa valuterà se fare o meno appello contro la decisione.
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