“Negli anni ’70 i diritti li abbiamo conquistati, ma oggi possono sparire in un attimo”. Serena Dandini non usa giri di parole al Festival di Internazionale a Ferrara, dove ha presentato il suo nuovo romanzo “C’era la luna“, in dialogo con Daniele Cassandro. Davanti a un pubblico gremito e attento, la scrittrice ha riportato al centro la questione femminile, con il suo consueto equilibrio tra ironia e lucidità.
“Questo libro – ha spiegato – nasce dal desiderio di raccontare un tempo in cui le ragazze hanno cominciato a dire di no. A dire: non vogliamo essere ancelle del patriarcato”. “C’era la luna” è infatti la storia di Sara Mei, quattordicenne che cresce nella Roma della fine degli anni Sessanta, in un’Italia degli anni di piombo ancora dominata dal moralismo e dalle leggi che consideravano lo stupro un reato contro la morale, non contro la persona.
“Sara è una ragazza normale, non un’eroina – ha detto Dandini -. Non sa ancora chi vuole essere, ma sa quello che non vuole diventare. E questa consapevolezza è il primo passo verso la libertà”. Attraverso la sua protagonista, la scrittrice racconta la fine dell’innocenza di una generazione, ma anche l’inizio della presa di coscienza femminile: “Sara ancora non sa di essere una femminista“.
Tra gli applausi del pubblico, Dandini ha letto un passo del romanzo sull’aborto clandestino: una scelta dolorosa e ironica insieme, come spesso accade nella sua scrittura. “L’ironia è una forma di resistenza – ha spiegato -. è un modo per non soccombere, per restare lucide anche dentro la tragedia“.
Poi, con una delle sue battute che condensano un manifesto, ha aggiunto: “Anche io voglio essere cretina“. Una provocazione che ha fatto sorridere i presenti, ma che racchiude il cuore del suo messaggio: “Le donne devono potersi permettere tutto, anche la leggerezza, anche l’errore. Non dobbiamo essere sempre perfette, super performanti, sempre all’altezza. La libertà è anche potersi concedere la stupidità“.
Nel dialogo con Cassandro, Dandini ha collegato il romanzo all’attualità, citando le grandi mobilitazione che si sono tenute negli ultimi giorni: “Vedere le piazze piene apre il cuore. E’ bello rivedere quello stesso desiderio di partecipazione che animava Sara e i suoi coetanei quando andavano alle manifestazioni per il Vietnam. Da soli non contiamo nulla, conta solo il noi“.
Proprio “Noi” era stato il titolo provvisorio del libro. Perché, ha ricordato l’autrice, “il passaggio dall’io al noi non è solo politico, è anche psicologico: è la chiave per non sentirsi soli“.
In chiusura, Dandini ha voluto lanciare un messaggio di speranza alle nuove generazioni: “I giovani sono molto meglio di come li raccontiamo. Hanno dentro la stessa forza, la stessa sete di giustizia di allora”. Ed è tornata con un monito semplice ma preciso: “Tutte le mattine, dobbiamo alzarci e difendere l’umanità, la pace e i diritti. Non dobbiamo farceli portare via in alcun modo“.
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