Attualità
6 Ottobre 2025
Il giornalista e storico, docente alla Columbia University, ha partecipato all’incontro “La democrazia svuotata” durante il Festival di Internazionale

Stati Uniti. Still: “Ogni giorno Trump ne fa cadere un pezzo”

di Redazione | 3 min

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È un quadro allarmante degli Stati Uniti quello tracciato dal giornalista e storico Alexander Stille, docente alla Columbia University, che ha partecipato all’incontro “La democrazia svuotata” durante il Festival di Internazionale a Ferrara moderato da Giulia Zoli. Sostiene infatti che il presidente Donald Trump stia progressivamente erodendo i fondamenti della democrazia americana: stampa, magistratura, ricerca e pubblica amministrazione.

“Ogni giorno Trump ne fa cadere un pezzo”, ha detto Stille, spiegando come il secondo mandato del presidente sia segnato da un attacco sistematico alle istituzioni. Tagli ai fondi delle agenzie federali, sostituzione dei funzionari pubblici con persone a lui fedeli, delegittimazione degli oppositori e uso politico della paura: tutti strumenti per concentrare il potere nelle proprie mani. Secondo Stille, l’obiettivo è la costruzione di un “regime autoritario competitivo”, in cui lo Stato occupa tutti gli spazi della società civile — dalle università alla pubblica amministrazione, dalle ONG ai media — rendendo quasi impossibile l’opposizione.

Stille ha posto particolare attenzione al rapporto tra Trump e la stampa. “Trump usa la querela come arma politica. Ha denunciato ABC perché un conduttore aveva parlato del fatto che lui avesse commesso un “abuso”. L’emittente ha preferito pagare 15 milioni di dollari per evitare lo scontro”, ha raccontato. E ha aggiunto: “I media legati a grandi gruppi sono facilmente ricattabili. Avere come nemico il presidente degli Stati Uniti non conviene a nessuno”.

Il risultato è un clima di autocensura diffusa: “I giornalisti indipendenti vengono isolati o screditati, e chi lavora nelle redazioni più grandi spesso tace per paura. Ma quando la stampa tace, la democrazia si svuota”.

Non solo media, ma anche le università americane stanno vivendo un periodo di tensione e paura. “Mi sento come dentro dei cerchi concentrici del male: le guerre nel mondo, la politica nazionale, l’università e infine il giornalismo”, ha detto Stille. Ha raccontato l’esempio di una studentessa indiana musulmana che ha cambiato il suo nome in un saggio sulle proteste propalestinesi per paura di non poter più rientrare negli Stati Uniti. “Questa è la realtà che viviamo oggi: persone che si autocensurano per paura delle conseguenze. È così che si costruisce un regime autoritario”.

Nel secondo mandato, Trump appare più determinato e strutturato. “Nel primo, aveva ancora intorno persone “normali” che cercavano di frenarlo. Ora chi gli dice di no?”, ha osservato Stille.

Il presidente ha rimosso o isolato i funzionari non allineati, anche all’interno dell’esercito. “Il militare, per definizione, è apolitico. Ma Trump li ha incoraggiati ad applaudire la politica. È un segnale grave, che normalizza la lealtà personale al leader invece che alla Costituzione”.

Sul piano economico, Stille ha denunciato l’approccio antiscientifico dell’amministrazione. “Gli autocrati non ascoltano gli esperti, governano per slogan. I dazi non hanno senso economico e rischiano di portare il paese in recessione”, ha detto.

Anche la politica sull’immigrazione ha conseguenze devastanti. “Molti studenti provenienti da paesi come Ghana o Nigeria non possono più ottenere il visto. Perdiamo menti brillanti che potrebbero contribuire alla ricerca e alla cultura americana”.

Stille ha poi richiamato il suo libro su Silvio Berlusconi, definendolo “il primo leader post-ideologico”: un uomo che ha costruito consenso su ricchezza, fama e linguaggio popolare più che su programmi politici.
“Trump ha seguito quel modello – ha spiegato – ma con un obiettivo diverso: non solo farsi amare, ma cambiare radicalmente il Paese. Per questo è più pericoloso”. Entrambi, ha ricordato Stille, condividono l’ammirazione per Vladimir Putin e il fascino per i modelli autoritari: “Berlusconi voleva essere amato, Trump vuole essere temuto”.

Nonostante la diagnosi severa, Stille non ha perso del tutto la fiducia. “Bisogna tenere i nervi saldi e continuare a fare informazione libera, anche con i mezzi che restano”, ha detto. E ha concluso con un monito: “Quando la stampa, l’università e la società civile si lasciano intimidire, la democrazia non crolla in un giorno: si svuota lentamente, pezzo dopo pezzo”.

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