Nel cuore del corteo dello sciopero generale indetto dai sindacati, le parole di Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori palestinesi occupati, hanno scandito una denuncia netta e senza compromessi. Circondata dai manifestanti per chiederle un autografo, Albanese ha ribadito con forza la necessità di tornare all’applicazione del diritto internazionale come unica via possibile per una pace giusta e duratura.
“Qui si tratta di applicare la legge, nient’altro che questo“, ha affermato. “Quello è un popolo sotto occupazione, oppresso sotto apartheid, cioè un regime di fatto con due sistemi legislativi diversi: per i coloni che vivono in Cisgiordania e a Gerusalemme Est vale la legge civile israeliana, mentre per i palestinesi in Cisgiordania c’è la legge militare. Gaza, poi, la vediamo: ridotta in macerie dopo essere stata sotto assedio, un blocco illegale che dura da più di dieci anni”.
La giurista ha sottolineato come la posizione da lei espressa non sia “personale”, ma si fondi sulle pronunce delle massime istituzioni giudiziarie internazionali. “Quello che penso è che abbiamo non solo tutta la comprensione del diritto internazionale, ma anche l’autorevolezza della Corte di giustizia internazionale, che ha già detto chiaramente quale deve essere il percorso di pace: fine dell’occupazione, smantellamento delle colonie, ritiro delle truppe, stop allo sfruttamento delle risorse naturali, riparazioni e risarcimenti ai palestinesi. Questo non lo dice Francesca Albanese, lo dice la Corte di giustizia internazionale“.
Un passaggio, questo, che si lega direttamente alla polemica più ampia in Italia e in Europa sul riconoscimento o meno delle accuse di genocidio. “Oggi tanti in questo paese invocano la Corte e dicono: non possiamo parlare di genocidio in Palestina perché non lo ha detto ancora un tribunale. Ma quando il tribunale si pronuncia, non cambia niente. Questo parla della miseria e dell’ipocrisia che c’è a livello politico. Non penso possa esserci altra soluzione pacifica che l’applicazione del diritto. Non è una questione di partigianeria: in una società ordinata, che si dà delle regole, quelle regole si rispettano”.
Albanese ha poi risposto a chi ha cercato di delegittimare lo sciopero generale e le mobilitazioni di piazza. “Fa parte dell’opera di infangare chiunque si ponga di traverso rispetto a Israele. È la stessa postura che equipara chi parla di Palestina all’antisemitismo, questa forma odiosa di discriminazione da cui fatichiamo a liberarci. O ancora: attaccare come terroristi colore che vogliono semplicemente la fine del genocidio. Fa tutto parte dello stesso sistema. Prima si ignorano gli attivisti, poi li si deride, infine li si infanga per eliminarli dal dibattito. E più si resiste, più le misure diventano feroci”.
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