Il grano italiano viene pagato alle aziende agricole meno del costo che serve per produrlo. Un’ingiustizia che gli agricoltori denunciano da tempo e che trova conferma nei dati ufficiali diffusi da Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare). Anche Cia-Agricoltori Italiani Ferrara si unisce all’allarme lanciato dall’associazione a livello nazionale e chiede misure urgenti e anche l’applicazione corretta di Granaio Italia.
In particolare, riportando i numeri Ismea, vediamo che per quanto riguarda il frumento duro a livello nazionale la differenza tra costi e prezzi va da -7% al sud a -2% al nord, un saldo negativo per i produttori.
Passando al grano tenero, i dati indicano che l’Emilia-Romagna è sicuramente sotto pressione: il prezzo medio è di 236,3 euro a tonnellata contro un costo medio di 232,5, quindi parliamo di un saldo leggermente positivo (+2%) che non dà certo sollievo alle aziende agricole e può trasformarsi in dato negativo a fronte di un leggero calo delle rese. Si tratta di una situazione sicuramente condizionata dalle importazioni, visto che Cia ricorda come ormai oltre il 45% del grano duro e quasi il 70% del tenero provengano dall’estero, con un impatto diretto sui prezzi e sulla tenuta della cerealicoltura nazionale.
Nel ferrarese la situazione non è rosea: rispetto al 2021 sono andati persi circa 12mila ettari coltivati a frumento, da 64.000 ettari a poco più di 52.000 (dato Istat 2025), quindi il 20% in meno. Anche le performance produttive del grano sono state leggermente al di sotto delle aspettative, ma che anche i cereali autunnali hanno dato poche soddisfazioni alle aziende agricole, tanto che coltivare cereali sta diventando insostenibile, come spiega il vicepresidente di Cia Ferrara e produttore cerealicolo, Massimo Piva. “La nostra associazione, che dà voce alle preoccupazioni delle aziende agricole del territorio, ha sempre denunciato le difficoltà legate alla produzione e al mercato del frumento. Purtroppo, le rese, fortemente condizionate dai cambiamenti climatici e dalle fitopatologie, sono spesso sotto la media e allo stesso tempo i prezzi rimangono strutturalmente non equi e non coprono i costi di produzione. Non è una nostra percezione: i dati Ismea raccontano il profondo default che sta vivendo il comparto cerealicolo. Tutto questo in un contesto dove diminuiscono i fondi europei della Pac, condizionati peraltro dalla rotazione delle colture che è certamente una cosa positiva, ma può diventare davvero difficile considerando che il frumento è essenziale per garantirla. Siamo, quindi, al paradosso: l’azienda è praticamente costretta a coltivare il frumento sapendo che quasi sicuramente lavorerà in perdita. Quini l’Europa chiede all’agricoltore italiano di andare in rosso pur di rispettare, ripeto giustamente, le regole e avere i contributi che non sono comunque sufficienti ad avere un reddito. In questo modo – continua Piva – noi agricoltori possiamo tranquillamente portare a Bruxelles le chiavi delle nostre aziende, tanto siamo destinati a chiudere bottega nei prossimi anni”.
In questo contesto Cia-Agricoltori Italiani chiede la corretta applicazione di “Granaio Italia”, fortemente voluto dalla Confederazione, uno strumento che consente di avere dati pubblici sulle scorte e i flussi dei cereali per trasferirle ai mercati per rendere i prezzi più rispondenti alla reale scarsità o abbondanza di prodotto. Tutto per garantire maggiore trasparenza sull’import, tutelare i produttori e difendere il Made in Italy.
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