Vent’anni esatti dopo quella notte che cambiò per sempre la storia della città, Ferrara ha scelto di intitolare a Federico Aldrovandi il giardino tra via Ippodromo e via Poletti. Lì dove la sua vita venne spezzata, nella mattina del 25 settembre 2005, oggi brilla una targa: “Giardino Federico Aldrovandi. Perché nessuno più possa morire così“. Alla cerimonia si sono radunate oltre trecento persone, in quel luogo che porta dolore e memoria. A ognuno è stata distribuita una fiaccola: una scia di luce, a rischiarare il luogo dell’ingiustizia e a trasformarlo in spazio di memoria collettiva.
A svelare la targa è stata la madre, Patrizia Moretti, accanto al sindaco Alan Fabbri, all’amico di Aldro Andrea Boldrini – oggi portavoce del Comitato Federico Aldrovandi 2005 – 2025 – e all’assessore alla cultura Marco Gulinelli. Erano presenti anche il prefetto Massimo Marchesiello, l’avvocato Fabio Anselmo, la senatrice Ilaria Cucchi, il presidente del consiglio comunale Federico Soffritti, i dem Paolo Calvano, Giada Zerbini e Sara Conforti, e Veronica Tagliati della Cgil Ferrara. La città civile, la politica, le istituzioni, il mondo associativo: tutti uniti nel ricordo.
Non è mancata la Curva Ovest, che ha sventolato la storica bandiera con il volto di Federico. Ma c’erano anche i tifosi del Campobasso e quelli del Perugia, che hanno portato uno striscione a Lino, il padre, con scritto “Aldro vive con noi”. Poi un gesto silenzioso ma eloquente: la Fortitudo Basket di Bologna ha depositato un mazzo di fiori sotto la nuova targa.
“Oggi intitoliamo il giardino dell’ippodromo a Federico – ha dichiarato il sindaco Fabbri – un segno dovuto e voluto. Ma ci sarà anche un altro progetto concreto, come il recupero degli spazi dell’ippodromo, da trasformare in centro universitario e biblioteca che vorremmo dedicare a Federico, perché la memoria resti viva e diventi occasione di formazione per le future generazioni”.
A introdurre la cerimonia è stato Boldrini: “Vent’anni fa eravamo soli, noi amici e i genitori, a chiedere verità e giustizia. Oggi siamo qui in tanti, a questa fiaccolata, per dire che Federico non è stato dimenticato. La sua vita si è fermata qui, davanti a quel cancello. Ringrazio la Giunta perché con questo regalo gli avete restituito giustizia”.
Poi il momento più intenso: l’intervento di Lino Aldrovandi, padre di Federico: “Io, Patrizia e Stefano non avremmo voluto essere qui stasera. Perché ciò avrebbe significato vivere nella normalità, con Federico ancora accanto a noi. Se quella targa è lì è per ricordarci quello che accadde di assurdo e inconcepibile ad un ragazzino che stava tornando a casa e che incontrò sulla sua strada la polizia, o meglio quattro persone con una divisa addosso i cui loro nomi non voglio dimenticare: Segatto Monica, Pollastri Luca, Pontani Enzo e Forlani Paolo. È li a ricordarci anche quel percorso di verità e giustizia che insieme alle persone che io ho definito oneste e con un’anima vent’anni fa intraprendemmo. Fu una mamma camerunese a parlare di quello che vide e ascoltò dal suo balcone di casa, aiutata in questo da un prete, Don Bedin, e da un avvocato, Tiziano Tagliani“.
Infine, il padre ha letto un pensiero del figlio. Una poesia che Federico scrisse con l’aiuto di sua madre. Il titolo è “Riflessi“: “Il ruscello scende, guizzando giù per la montagna, si riflettono nell’acqua spumeggiante lucenti raggi, penetra tra la fitta boscaglia un tenue bagliore“.
Un’immagine che per Lino Aldrovandi è diventata metafora della vita e della memoria: “Quel ruscello è come un figlio, che scende lungo il percorso della vita. In quell’acqua si riflettono raggi lucenti. Siete voi, le persone che hanno voluto bene al mio bimbo anche senza averlo conosciuto. Quei raggi ora sono luce, una luce che spero resti accesa per altri figli, magari, vivi“. Una giornata, per Lino, che segna un punto: “Probabilmente mi fermerò qui con il mio diario condiviso su Facebook. Sento di aver portato finalmente Federico a casa“, confida.
Al termine della cerimonia, tra gli abbracci e la commozione, quello di Lino a Fabio Anselmo e a Ilaria Cucchi ha suggellato un momento che è insieme lutto e speranza: la memoria di Federico, vent’anni dopo, è diventata patrimonio di tutti.