di Riccardo Giori
Quasi un migliaio di persone hanno sfilato per le vie di Ferrara sventolando bandiere palestinesi che si alternavano a quelle multicolori della pace e a quelle rosso acceso della più grande confederazione sindacale italiana. La manifestazione di venerdì 19 settembre rientra nella prima delle due giornate nazionali di sciopero organizzate dalla Cgil per chiedere un intervento deciso da parte delle istituzioni contro il genocidio in atto nella Striscia di Gaza da parte del governo israeliano, mentre il secondo sciopero generale è previsto per il prossimo lunedì 22 settembre.
Partita dalla sede del sindacato in Piazza Verdi, la manifestazione ha percorso le vie del centro con arrivo davanti alla Prefettura in corso Ercole I° d’Este dove si è poi tenuto un presidio. Diversi gli interventi che si sono susseguiti al microfono, tutti unanimi nel chiedere al governo italiano e all’Unione Europea di sospendere trattati commerciali e militari con Israele, fino a che non ci sia una tregua reale e di riconoscere lo Stato di Palestina come parte integrante di una soluzione diplomatica alla crisi. “Le lavoratrici e i lavoratori hanno ben chiaro da che parte stare” dice Luca Greco, segretario generale della Filt Cgil di Ferrara mentre il corteo attraversa il centro storico, “lo dimostra una mobilitazione organizzata in meno di tre giorni che porta in piazza un numero di persone importante per la città. Ciò significa che le lavoratrici e i lavoratori sono quelle che riescono a spostare gli equilibri, che hanno capito l’importanza di mobilitarsi. Questo ovviamente non è uno sciopero sindacale strettamente inteso, cioè legato a rivendicazioni contrattuali, è uno sciopero politico perché noi qua stiamo chiedendo la fine del genocidio dei palestinesi a Gaza, il riconoscimento dello Stato di Palestina, le sanzioni economiche e militari ad Israele con lo stop alla cooperazione, tematiche che qualcuno potrebbe pensare lontane dal sindacato ma in realtà la Cgil è da quando esiste che scendeva e scende in piazza per questioni che non sono solo contrattuali, ed è giusto così perché essere un sindacato va al di là della tutela individuale collettiva ma è anche una visione di una società differente, e quello che noi qua stiamo chiedendo è questo. Ed è evidente che questa cosa andrà avanti tutto il tempo necessario affinché in quella zona tacciano le armi e si ricominci a ragionare per garantire al popolo palestinese il diritto ad esistere e autodeterminarsi”.
Greco nel suo intervento di fronte al palazzo della prefettura ferrarese ricorda che le violenze contro la popolazione palestinese non sono iniziate il 7 ottobre ma risalgono a più di mezzo secolo prima, rispondendo a chi muove accuse di antisemitismo ai sostenitori della causa palestinese precisa infatti che per raccontare come siamo arrivati ad oggi “vale la pena partire dal 1948, con la fine del mandato britannico in Palestina, la guerra arabo-israeliana e la conseguente creazione dello stato di Israele. Furono 800.000 i palestinesi espulsi dalle loro case. Una catastrofe umanitaria, Nakba la chiamano, cui il nuovo mondo quello uscito dalla Seconda Guerra mondiale non si oppose. Più della metà del territorio assegnato alla minoranza di origine ebraica, uno stato quello palestinese senza affaccio sul mare e senza continuità territoriale, un popolo cacciato dalla propria terra per far posto ad un altro popolo che, molto prima dell’Olocausto, aveva individuato in quella terra la ‘terra promessa’. Questo, e anche molto altro è stato il 1948 in Palestina. E questo nulla ha a che fare con l’antisemitismo. È bene ribadirlo in premessa: criticare le azioni di un Stato non significa attaccare chi lo abita. Antisionismo non è sinonimo di antisemitismo. La questione centrale, semmai, è la natura coloniale dello Stato di Israele. Gli ebrei, in quanto ebrei, non c’entrano nulla. Anche perché sono molte le voci ebraiche che sono schierate sia contro il genocidio in atto che dalla parte del popolo palestinese: dagli obiettori di coscienza israeliani al servizio militare alla rete Eco (Ebrei Contro l’Occupazione), da alcuni grandi intellettuali come Amira Hass, Noam Chomsky e Ilan Pappé, al movimento Voci Ebraiche per la Pace”.
Negli interventi che si sono susseguiti durante il presidio non è stata solo sottolineata l’importanza di un cessate il fuoco immediato ma sono stati ricordati anche i recenti sforzi della società civile come il blocco dei container contenenti armi al porto di Ravenna e diretti in Israele e soprattutto al viaggio della Global Sumud Flotilla, partita alcuni giorni fa e diretta a Gaza via mare con lo scopo di forzare il blocco totale imposto da Israele e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. “Tengo a ricordare che in questo momento la Global Sumud Flotilla sta navigando verso Gaza e dobbiamo mantenere massima attenzione” dice Adam Sami, portavoce di Ferrara Per La Palestina, precisando che “l’impresa della Flotilla non ha lo scopo di risolvere la disastrosa situazione umanitaria a Gaza, ma ha lo scopo di denunciare in l’assedio in corso e di fare in modo che a Gaza cominciano ad entrare gli aiuti e comincino ad entrare adesso perché la gente sta letteralmente morendo di fame”. Sami nel suo discorso auspica poi che venga indetto un “nuovo processo di Norimberga affinché vengano perseguiti tutti i crimini contro l’umanità dello stato di Israele, perché” – precisa – “quella in corso non è una guerra tra due eserciti, è una guerra che vede un esercito massacrare una popolazione disarmata”.
Alle parole del portavoce di Ferrara per la Palestina ha fatto eco Corrado Oddi di Rete Per la Pace: “È chiaro a tutti, e viene ricordato anche dopo il pronunciamento dell’Onu, che siamo di fronte a un genocidio, siamo di fronte a qualcosa che è al di fuori di ogni idea di convivenza e di civiltà umana, siamo di fronte a qualcosa di indicibile e a fronte di queste situazioni come si comportano gli stati e i governi? Siamo in presenza del fatto che a fronte di questa ignavia e complicità dei governi bisogna che si faccia sentire con forza la nostra voce. E noi non ci stanchiamo di dirlo. Noi vogliamo fermare l’occupazione di Gaza e il genocidio in atto, vogliamo che si fermi l’annessione della Cisgiordania, vogliamo il cessato del fuoco e vogliamo che ci siano le sanzioni vere nei confronti dello stato di Israele e che ci sia, soprattutto, la fine della compravendita delle armi. Infine vogliamo dare, e penso che lo faremo in tanti nei prossimi giorni, il nostro forte sostegno alla Global Sumud Flottilla, questa grande missione rappresenta tutti noi, rappresenta anche i lavoratori di questo paese, rappresenta tutte le persone che, sul serio, vogliono lavorare per la pace, contro il genocidio, contro la guerra e il riarmo“.
Al corteo tanti i comuni cittadini che hanno partecipato insieme a diversi volti della politica locale, come la segretaria del Pd di Ferrara Giada Zerbini, il consigliere regionale e capogruppo del Pd in Regione Paolo Calvano, la consigliera comunale del Movimento Cinque Stelle Marzia Marchi, oltre a Sergio Golinelli e altri esponenti di Alleanza Verdi Sinistra e Possibile che in una nota congiunta relativa agli avvenimenti delle ultime ore a Gaza hanno rimarcato l’importanza di scendere in piazza a fianco della Cgil: “L’attacco finale dell’esercito israeliano a Gaza City disegna in modo ancora più chiaro la strategia criminale del governo Netanyahu. Fermare ora il genocidio, riconosciuto anche dalla commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, la pulizia etnica e il piano di deportazione dovrebbe essere l’assillo di una comunità internazionale in larga parte invece sorda e immobile. Molti Governi, a cominciare dal nostro, si rendono ogni ora più complici di questo orrore. Per questo consideriamo importante la scelta della Cgil di indire una giornata di mobilitazione nazionale e di sciopero. Noi saremo in piazza al fianco del sindacato come abbiamo fatto e faremo in ogni occasione di mobilitazione, a cominciare dallo sciopero generale di lunedì prossimo indetto da Usb e da altri sindacati di base”.
Il secondo sciopero generale a sostegno della popolazione civile palestinese è previsto quindi per lunedì 22 settembre e coinvolgerà, oltre a sindacati di base, molte categorie del pubblico e del privato, con forti ripercussioni attese in trasporti, scuola, università e logistica.
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