Cronaca
20 Settembre 2025
Per quella vicenda di maltrattamenti e lesioni è già stato condannato in primo grado a cinque anni e mezzo. Ora è sotto accusa dopo essere stato trovato in possesso di documenti greci risultati falsi

Schiavizzò la compagna. Torna a processo per una patente falsa

di Davide Soattin | 2 min

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Torna nuovamente in un’aula di tribunale come imputato il 45enne di nazionalità italiana che – lo scorso giugno – era stato condannato in primo grado a cinque anni e mezzo per maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate nei confronti della propria compagna, che per circa quattro anni aveva sottomesso, rifilandole calci in faccia e obbligandola a dire “sì, padrone” quando, proprio come una schiava, l’aveva costretta a vivere una quotidianità di sofferenze fisiche e psicologiche.

Oggi, il 45enne è ancora a processo. Nulla a che fare con la precedente vicenda. L’accusa che gli muove la Procura di Ferrara, questa volta, è quella di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi per un fatto risalente al maggio 2022, quando gli agenti della polizia locale dell’Unione Terre e Fiumi di Copparo, aiutati dai carabinieri, lo avevano pizzicato e arrestato perché lo avevano trovato con documenti di identità e di guida di nazionalità greca, poi risultati falsi.

Il codice penale, infatti, prevede l’arresto obbligatorio per chi fa uso di documenti d’identità falsi validi per l’espatrio. È per questo che l’uomo era stato arrestato, dopo essere stato denunciato per possesso e uso di documenti contraffatti.

L’ufficio Falsi Documentali della Polizia Locale di Ferrara aveva poi eseguito la perizia che aveva confermato i sospetti degli agenti della Locale di Copparo, che avevano fermato la persona per un controllo di un veicolo in sosta. Era scattato subito l’arresto, seguito dal sequestro dei documenti contraffatti.

Ieri (venerdì 19 settembre) mattina, in aula, è stata sentita l’ispettrice Daniela Fini della Polizia Locale che, davanti al giudice, ha confermato come i documenti utilizzati dall’uomo erano “atti a ingannare poiché la loro falsità non era facilmente riconoscibile, se non da una persona esperta” come accaduto.

Il processo tornerà in aula il 28 novembre.

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