Portomaggiore. Un anno e mezzo per lui, un anno per lei. È quanto ieri (venerdì 19 settembre) la Procura di Ferrara ha chiesto di condanna per due allevatori di cani di Portomaggiore, marito e moglie, finiti alla sbarra per frode in commercio.
I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2016 e il 2018. I due, che gestiscono un allevamento nel Portuense, secondo il quadro accusatorio, vendevano cuccioli di razza Labrador, Bulldog francese, Golden Retriever a prezzi che andavano dai 900 ai 1.400 euro, assicurando le buone condizioni dell’animale, il pedigree, il microchip e quant’altro prevede la normativa sulla vendita degli animali.
Ma, almeno in una ventina di casi, si sono trovati a dover fare i conti con le rimostranze degli acquirenti, tanto da finire sul banco degli imputati.
Alcune delle parti offese infatti, sentite durante il processo, hanno lamentato di aver acquistato cani con caratteristiche diverse da quelle pattuite: pur avendo garantito il pedigree, questo non è mai stato consegnato. Oltre a questo, nonostante una documentazione relativa al numero di microchip, l’animale non risultava registrato all’anagrafe canina.
Altri hanno invece hanno denunciato che il cucciolo era affetto da una malattia genetica. Altri che soffriva di displasia, mentre in un altro caso infine era stato venduto un cucciolo di età inferiore ai due mesi prescritti come minimo di legge.
Il processo tornerà in aula il 10 ottobre, quando toccherà all’arringa della difesa dei due imputati, rappresentata dagli avvocati Giampaolo Remondi, Paolo Baghetti e Nadia Alecci, che – durante il procedimento – hanno sempre sostenuto l’innocenza dei loro assistiti.
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