“La guerra in Ucraina ha demolito molte certezze, a cominciare dall’idea, assodata nell’Europa Occidentale, che non ci sarebbero state più guerre nel Vecchio Continente. Tale assunto, consolidatosi dopo la caduta del muro di Berlino del 1989, ha fatto sì che la maggior parte degli stati europei dedicasse risorse sempre più risicate alla difesa : l’ingresso dei tank russi in Ucraina ha invece rivelato che il re era nudo e che il terreno da recuperare in questo campo era enorme…I conflitti sono in atto ovunque e quello ucraino è a poche centinaia di km da Trieste. Altra certezza ad essere demolita è quella secondo cui oggi e guerre si fanno premendo un bottone : nel Donbass si combatte da tre anni , con decine di migliaia di perdite, per conquistare o difendere terreno, chilometro dopo chilometro. Solo la presenza degli uomini garantisce il controllo del territorio…L’Europa non ha solo un problema di risorse da destinare alla difesa, ha soprattutto un problema di organici. Per fare un esempio il British Army, considerato uno degli eserciti più efficienti, oggi conta solo su 83.000 effettivi : in pratica starebbe tutto nello stadio di San Siro”.
Così Massimo Cortesi, direttore de “L’Alpino” (mensile dell’Associazione Nazionale Alpini, ovvero dell’associazione d’arma più numerosa in Europa), nell’editoriale del numero di marzo del corrente anno, ha efficacemente riassunto i termini di una questione che in Italia sembrava definitivamente risolta dopo la sospensione del servizio militare obbligatorio in favore di una difesa basata su Forze Armate quasi esclusivamente professionali.
A tali osservazioni si aggiunga che la Germania ha scelto di passare dalle attuali 180.000 unità a più di 203.000 unità entro il 2031e la Francia ha stabilito che aumenterà il numero di riservisti sotto le armi dagli attuali 40.000 a oltre 100.000 entro il 2035. La Polonia, dal canto suo, ha avviato un massiccio programma di incremento della spesa che dovrebbe portarla a raggiungere l’impressionante numero di 300.000 militari in servizio attivo nell’arco di un decennio.
La Svezia, poi, ha scelto di tornare alla coscrizione militare obbligatoria.
E in Italia, come stanno le cose?
Nonostante le varie iniziative volte a ripristinare forme di leva militare o mista, pur diverse da quelle vigenti in passato (Romano Prodi aveva proposto sei mesi di servizio obbligatorio, civile o militare, a seconda delle scelte personali di ciascun giovane), nulla si è concretizzato nel corso degli anni.
A parole la proposta prodiana, che riguardava entrambi i sessi, era stata accolta con favore da un vasto, anche se non unanime, schieramento politico, sia per fini educativi e formativi nei confronti delle nuove generazioni, sia per sgravare le Forze Armate di compiti ausiliari che potevano essere svolti senza particolare specializzazione.
Ma poi, come già detto, né la proposta sopra ricordata né altre consimili hanno avuto sorte positiva, anche per gli eterni problemi di bilancio che ben conosciamo.
A proposito di educazione ho ascoltato con attenzione, a “Porta a porta”, le parole del giornalista e conduttore Pino Rinaldi, secondo cui le giovani generazioni sono più esposte a rischi di maggiore fragilità e di insofferenza rispetto alle regole anche per la mancanza di un periodo di servizio, militare o civile, nel quale tanti hanno imparato a convivere con la disciplina, condividendo con altri ragazzi un tratto di vita comune e imparando a superare ostacoli e difficoltà.
Mi auguro pertanto che, al di là delle differenze politiche, si riconsideri la “vecchia” (ma più che mai attuale) proposta prodiana: ogni giovane sia chiamato a servire la società per un breve periodo (almeno sei mesi) scegliendo liberamente se indossare l’uniforme o svolgere un servizio non armato.
Penso, per concludere, che i venti di guerra che purtroppo soffiano sull’Europa e sul mondo impongano, come ha rilevato di recente anche il Ministro della Difesa, una riconsiderazione del quadro complessivo in cui devono operare le nostre Forze Armate, senza dimenticare l’art. 52 della nostra Costituzione, che solennemente ci ricorda come la difesa della Patria sia sacro dovere del cittadino.
Mario Gallotta