Lettere al Direttore
15 Settembre 2025

Ancora sul pampepato

di Redazione | 2 min

Dopo la bella risposta di Diego Marani a Iginio Massari, risposta che toglie peso e significato culturale alla squallida sintesi valutativa del pasticcere, da non ferrarese prendo anch’io distanza dallo stellato bresciano.

Anche a me non piacciono le anguille, il pampepato e (ahimè) la salamina. I gusti alimentari non si discutono: esistono, forse perché le papille gustative di ogni corpo vengono “allenate” dalla personale storia e dalla cultura che l’ha circondato/plasmato.

L’approccio al cibo è un lunghissimo percorso dell’umanità, sempre diveniente ma sempre legato al territorio e agli occasionali scambi economico-culturali.

L’Italia, nella sua strutturale frammentazione geologica, altimetrica, vegetazionale, ecologica nonché politico-territoriale, ha potuto/saputo far germogliare la massima espressione di variabilità colturale agricola, nonché culturale culinaria.

L’evoluzione è un dato di fatto ma vuole i suoi tempi, quelli naturali e umani.

La nuova tecnologia e la sua inconfessata filosofia ci stanno uccidendo: i suoi tempi stanno diventando i tempi del Qubit, dove produzione, capitalismo, finanza e persino religione devono ammassare e uniformare la massima quantità di “consumatori” che vengono così portati a rispondere (con massima certezza) nel modo in cui le pianificazioni di questo nuovo mondialismo si attendono che avvengano.

L’industria ci ha intossicati con le sue alchimie dulco-salato-lipidiche e le multinazionali della ristorazione, veri e propri imperi globali della standardizzazione, stanno plasmando i nostri corpi scindendoli dal territorio e dalla cultura delle nostre menti e dei nostri cuori.

Tutto è perfettamente incastonato e il pasticcere bresciano, a suo tempo dirigente nelle industrie alimentari, rispondendo in quel modo ha messo in evidenza la filosofia industriale che solletica la banalità del “good-enough” (“abbastanza buono” o “sufficiente”) per il consumatore/utente di un mercato mai sazio di espandersi e che ha in odio la differenza, la peculiarità, la stranezza, la personale posizione difesa (anche) dalla propria cultura e storia.

Barbara Guzzon

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