Attualità
2 Settembre 2025
Tra i 25-39enni il 30,5% ha un titolo universitario, meglio di alcune province emiliane ma lontano da Bologna e dall’Europa

Ferrara, crescono i laureati ma lontani dalla media Ue

di Redazione | 3 min

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A Ferrara la percentuale dei residenti laureati tra i 25 e i 39 anni nel 2024 è del 30,5%, in aumento di 1,7 punti rispetto al 2018 quando erano 28,8%. Un dato che non è certamente tra i peggiori d’Italia e che tra le provincie dell’Emilia Romagna ci pone in uno dei gradini più bassi del podio dopo Forlì-Cesena dove sono il 27,2% (in calo rispetto al 2018) e Reggio Emilia dove sono il 28,9%.

I nostri vicini bolognesi fanno classifica a parte essendo anche la provincia italiana con più laureati tra i 25 e i 39 anni (48,8%). Ad avere percentuali importanti anche Ravenna (40,3%), Rimini (35,7%) e Modena (35,8%) mentre Parma e Piacenza si avvicinano maggiormente ai dati ferraresi con, rispettivamente, il 30,8% e il 32,3%.

Sono dati elaborati da Openpolis su base Istat in uno studio in cui mette a confronto l'Italia con il resto d'Europa provando a delineare anche le radici del problema. Lo si può così definire se consideriamo che solo la Romania in Ue (dati Eurosat) ha una percentuale più bassa di quella italiana di laureati tra i 25 e i 34 anni, 23,2% contro il 31,6%. Sopra di noi Ungheria (32,3%), Cechia (33,5%) e Slovacchia (37,2%). A seguire il resto dei paesi fino a Irlanda (65,2%), Lussemburgo (63,8%) e Cipro (60,1%) con una media europea che è al 44,1%.

Questa serie di dati Eurostat non sono direttamente paragonabili a quelli Istat sulle province italiane per via della differenza di età del gruppo preso a campione. Sono dati che comunque possono essere indicativi e che Openpolis decide di usare relazionandoli a uno studio realizzato dall'ufficio valutazione di impatto del Senato nel quale si analizza il collegamento tra stato sociale e accesso all'istruzione superiore.

"La tendenza rilevata in quasi tutti i sistemi educativi - scrive Openpolis - è che gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati hanno una probabilità significativamente inferiore di iscriversi all’università rispetto ai loro coetanei più abbienti".

Questo avviene per due motivi principali. Il primo è che già dai precedenti livelli di istruzione (elementari, medie e superiori) le differenze socio-economiche tra studenti influenza l'esito dei risultati a svantaggio dei meno abbienti. Questo chiaramente crea un "disincentivo alla prosecuzione degli studi".

L'altro aspetto considerato dalla letteratura scientifica è quello legato alla necessità di arrivare in tempi più celeri al mercato del lavoro e alla difficoltà della famiglia di sostenere i costi universitari. "Ne consegue che, anche a parità di risultati scolastici, gli studenti di famiglie a basso reddito risulteranno disincentivati rispetto ai coetanei benestanti, a causa delle maggiori difficoltà nel sostenere tali costi".

A dimostrazione di questo arrivano nuovamente i numeri dell'Istat che certificano come a proseguire gli studi dopo le superiori siano soprattutto i figli dei laureati. "Quando i genitori non hanno il diploma, quasi un giovane su 4 (23,9%) abbandona precocemente gli studi e solo il 12% raggiunge la laurea o un altro titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, la percentuale di abbandoni precoci della scuola scende all’1,6%, mentre quasi il 70% arriva a laurearsi".

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