Attualità
1 Settembre 2025
Si chiude il festival degli artisti di strada, ma il nuovo format non convince esercenti e bancarellisti. Dure le critiche all'organizzazione

Buskers. Il bilancio dei commercianti: “Se sapevamo così, chiudevamo per ferie”

di Elena Coatti | 3 min

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Gelatai che si vedono respingere i clienti abituali ai varchi, esercenti costretti ad abbassare i prezzi per competere con i food truck e bancarellisti di Corso Porta Reno che confessano incassi da 30 euro a sera. L’altro volto della festa, che pare sia piaciuta più ai turisti che ai ferraresi, è fatto di malcontento e perdite economiche, tanto che qualcuno giura: “A queste condizioni non torneremo più”.

“Ci avevano assicurato che i clienti che volevano solo il gelato sarebbero potuti entrare – dichiara con malumore Alessandro Tieghi, il titolare della gelateria Era Glaciale – e invece ai check point li hanno mandati altrove. In più ci hanno piazzato uno stand coi gelati proprio davanti al McDonald’s, togliendo possibili clienti a me e ai colleghi del centro. Viste le presenze e gli incassi di questi giorni, se lo avessi saputo prima avrei organizzato le ferie per i miei dipendenti in questa settimana, anziché rafforzare il personale. Mi dispiace, ma questa formula non funziona”.

Anche Giovanni della pizzeria Slurp, che si è ritrovato il dehors completamente murato dalle transenne, conviene che forse era il caso di chiudere per ferie. Un malcontento condiviso da molti. Federico, della catena Grom, non usa mezzi termini: “Mercoledì e giovedì è andata malissimo. La gente che paga il biglietto poi non consuma all’interno. Il risultato è che noi lavoriamo poco o niente”. Perfino i negozi non legati alla ristorazione si sentono penalizzati.

Che sia dentro o fuori il perimetro del festival, sembra che le difficoltà riguardino entrambe le situazioni. Giovanna, del bar gelateria Panna & Caffè, si trova appena oltre le transenne e racconta: “Ho sentito tante lamentele. Venerdì sera mi aspettavo più gente. Tante persone mi dicono che preferiscono la versione originale del Buskers, quella aperta e gratuita”.

Tanta delusione anche tra gli espositori di artigianato e oggettistica in Corso Porta Reno. Posizionati fuori dall’ingresso del festival, raccontano di essere stati mal informati sulle aree assegnate e di essersi ritrovati tagliati fuori dalla festa: “Al prezzo che abbiamo pagato per essere qua, che è lo stesso di altre fiere importanti, avremmo dovuto guadagnare abbondantemente. Qui invece non ho mai incassato così poco”.

Qualcuno confessa che venerdì sera ha registrato una sola vendita, altri giovedì hanno chiuso con appena 30 euro in cassa. Molti di loro hanno dovuto sostenere anche le spese dell’alloggio: “Ci abbiamo solo perso”. Il sentimento è unanime: “Se l’anno prossimo sarà ancora gestito così, certamente non torneremo”.

C’è poi chi, al contrario, sabato, la giornata che ha visto più ingressi, ha lavorato bene. Un’esercente sottolinea però che per tenere testa ai food truck posizionati accanto al suo locale ha dovuto abbassare i prezzi di birra alla spina e panini: una scelta forzata, che riduce ulteriormente i margini.

Un altro paradosso lo sottolinea ancora Tieghi: “Quando i buskers terminano, attorno a mezzanotte, finalmente arrivano i clienti. Peccato che a quell’ora io stia già chiudendo. Li accolgo comunque volentieri, ma questo non può essere il modello per far lavorare i commercianti”.

In sintesi, il bilancio di questo nuovo format non è positivo per il commercio locale, che sembra esserne rimasto più vittima che beneficiario. L’appello di tutti gli esercenti resta comunque quello di essere ascoltati e maggiormente coinvolti nell’organizzazione, onde evitare che le proteste rischino di farsi sentire più forte della musica.

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