di Emanuele Gessi
Horacio Czertok si aggiudica il riconoscimento del Premio Nazionale Franco Enriquez 2025, grazie all’interpretazione di ContraGigantes. L’attore argentino, fondatore del Teatro Nucleo di Ferrara, è stato premiato a Sirolo il 30 agosto, nel corso della cerimonia di conferimento, a cui hanno preso parte – tra gli altri – Giacomo Poretti, Anna Teresa Rossini, Elio De Capitani e Corrado Tedeschi.
“Sono onorato di ricevere questo riconoscimento – ha detto, a caldo, ai microfoni di Estense.Com, lo stesso Czertok – è un traguardo prestigioso. Noi del Nucleo facciamo un teatro diverso da quello di Franco Enriquez, ma con lui abbiamo qualcosa in comune. Anche noi ci poniamo la questione di come raggiungere sempre più persone col mezzo teatrale. Lui con la televisione, noi con il nostro impegno, gli spazi aperti e la sperimentazione”.
Nel consegnare l’onorificenza, la giuria del Franco Enriquez ha dichiarato: “Czertok incarna l’esule combattente per antonomasia un soldato di ventura contro i Giganti della tirannia, un artista che combatte le proprie battaglie per un principio di libertà, contro ogni usurpatore o regime, come il cavaliere Don Chisciotte”.
“Ho portato in scena il ContraGigantes – ha raccontato Czertok – per la prima volta il 16 marzo 2016, a Londra, al Calder Bookshop & Theatre. L’idea mi era venuta perché dovevo presentare al pubblico londinese il mio libro Teatro in esilio, edito in Inghilterra dalla casa editrice Routledge. Così, per rendere l’incontro più coinvolgente, ho preparato questo pezzo teatrale, che poi ho recitato sul piccolo palco della libreria che mi aveva invitato”.
L’obiettivo dell’opera – che ora ha superato le 100 repliche in 3 continenti – era smentire l’immagine romantica del Don come pazzo sognatore e fuori dalla realtà, mettendo invece in luce la concretezza delle ingiustizie contro cui si batte il protagonista di Cervantes.
“Su quaranta conflitti raccontati nel romanzo – ha proseguito – risulta sconfitto in numero di venti e vincitore nell’altra metà. E le sue sono tutte battaglie attuali: si pensi a quelle contro il razzismo, la violenza e lo sfruttamento. E si ricordi come Cervantes si sofferma sulla condizione della donna. La pastora Marcella nel romanzo fa un discorso illuminante e contemporaneo: rivendica la sua autonomia e i suoi diritti e dichiara di preferire la compagnia femminile a quella degli uomini”.
I prossimi impegni per Czertok, che a Ferrara ci è arrivato come rifugiato politico a fine anni Settanta, e per il Teatro Nucleo, che l’argentino ha fondato allora insieme alla compagna Cora Herrendorf, anche nella prossima stagione andranno di pari passo con le urgenze sociali.
“Il nostro progetto di teatro in carcere è una delle realtà più durature in regione. Ha appena compiuto vent’anni e non abbiamo intenzione di fermarci: non serve andare lontano per fare un atto buono, per aiutare le persone a rifarsi una vita. In partenza anche Le Vie del Teatro, un percorso di formazione che abbiamo sviluppato per portare gli strumenti e i linguaggi del teatro negli ambiti della cura, dove può essere più utile”.
Educazione, salute mentale e comunità. Parole che riportano Czertok al 1977, anno delle prime pratiche teatrali all’interno dell’Ospedale Psichiatrico di Ferrara.
“Eravamo stati invitati allora da Antonio Slavich, direttore dell’Ospedale, a partecipare al processo che avrebbe portato alla legge 180 (che nel 1978 impose la chiusura dei manicomi, ndr). A presentarci era stato Franco Basaglia, che io avevo conosciuto a Buenos Aires, a un convegno di Psichiatria Democratica. Da lì cominciammo. Il manicomio era un vero lager: io l’ho visto. Per riuscire a cambiare il paradigma ci volle l’impegno di molte persone. Fra loro mi preme ricordare Carmen Capatti, che fu fondamentale per cavalcare il cambiamento”.
Da parte di Czertok quello che arriva è anche un messaggio d’amore per la città che lo ha accolto (dopo essere stato sequestrato dall’Alleanza Anticomunista Argentina nel 1974) e in cui vive da più di quarant’anni.
“Ho rischiato di morire sotto il fuoco delle repressioni più violente. Quando qualcuno ti punta il fucile in faccia e ti dice di andartene, non puoi fare altro. E a Ferrara ho trovato quello che cercavo. Un ambiente aperto, in cui sviluppare con libertà le nostre iniziative. Oggi, se mi guardo indietro, sono contento. Ma non mi rassegno: continuo a combattere per le mie idee, perché innanzitutto siano gli altri a poterne beneficiare. Il valore di una persona si dovrebbe misurare dall’impegno profuso per cercare di migliorare la vita di tutti, non solo la propria”.
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