Attualità
24 Agosto 2025
Nell’ottantesimo anniversario della traslazione della salma, familiari, istituzioni e Anpi hanno reso omaggio al giovane ferrarese ucciso dai nazisti nei boschi di Chianciano

Ferrara ricorda Giorgio Gardani, partigiano ventenne caduto per la libertà

di Redazione | 4 min

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Nella mattinata di sabato 23 agosto alla Certosa di Ferrara è stato ricordato, su iniziativa dei familiari, il partigiano Giorgio Gardani, ucciso il 28 giugno del 1944 a soli vent’anni nei boschi di Chianciano Terme dai nazisti in ritirata. Nell’ottantesimo anniversario della traslazione della salma a Ferrara, la famiglia ha voluto rendergli omaggio, perché la sua storia non sia dimenticata.

Don Mario Bertieri, durante la messa, ha ricordato Giorgio, un ragazzo pieno di vita e di interessi, che decise, dopo l’armistizio, di lasciare l’esercito per prendere parte attiva alla lotta partigiana contro il fascismo. “La storia di Giorgio ci ha colpito: ha messo da parte la sua vita e i suoi sogni in nome degli ideali di libertà e giustizia per la collettività del suo Paese”, queste le parole dell’assessore comunale Chiara Scaramagli, al momento della deposizione delle corone presso la tomba della famiglia Gardani.

“Ed è commovente la determinazione di suo padre, che ha voluto riportarlo a Ferrara – prosegue – per riscattarlo dall’anonimato e far conoscere alla città le sue azioni. La sua storia, come quella di molti altri deceduti in guerra, devono essere raccontate ai nostri giovani, che conoscano i loro coetanei e concittadini di tanti anni fa, per ricordarli e non far ripetere quegli eventi tragici”.

Il contesto storico del periodo è delineato dalla dottoressa Antonella Guarnieri, del Centro di documentazione del Museo del Risorgimento e della Resistenza e vice presidente di Anpi. “La storia di Giorgio tocca il cuore, e come la sua quella di tantissimi giovani del periodo, perché per il settantacinque percento la Resistenza era composta da ragazzi sotto i trent’anni: educati in una scuola fascista, capirono che l’ideale della libertà era più forte”.

“Per Giorgio fu fortissima la formazione cristiana”, prosegue Guarnieri. “Oggi, 23 agosto, ricordiamo anche l’uccisione di don Minzoni: un cardine del mondo cattolico che non si è mai piegato. Giorgio crebbe in una città dove fascismo e antifascismo erano radicati. E non è un caso che un seme della sua ribellione provenga dalla mattina del 15 novembre”, quella della lunga notte del 1943, quando tornando dal scuola – il liceo scientifico, frequentato anche da Florestano Vancini che porterà la vicenda sul grande schermo – assistette a “una tragedia che lascia qualcosa di indelebile nelle coscienze di tutti i ferraresi, di ogni fede politica. Un dramma familiare assimilabile a quello di Ludovico Ticchioni, ucciso alle spalle, a Codigoro, sotto falsa promessa di liberazione: la madre ne avrebbe poi portato il corpo a Ferrara. A questi giovani dobbiamo moltissimo, a loro dobbiamo il nostro Paese democratico”.

Guarnieri, poi, ci racconta: “Si tratta di una vicenda interessante, che si aggiunge alla presenza del mondo cattolico, quindi non solo all’interno dell’antifascismo politico, ma anche dell’antifascismo attivo, simboleggiati da don Minzoni. Di fronte a una dittatura si è creata unità, e una cospicua parte del mondo cattolico e cristiano ha seguito il percorso di quelli che saranno i partiti dell’arco costituzionale: è un esempio in più dell’esistenza di un antifascismo trasversale”. Giorgio ha respirato questo clima, “e poi la lunga notte del 1943 è stato un evento devastante, che ha cambiato il pensiero di molti ferraresi”.

La parola, infine, ai familiari, promotori dell’iniziativa. “Giorgio era figlio di proprietari terrieri, ma i valori della nostra famiglia erano quelli della democrazia e della libertà, che lui ha trasformato in una scelta di vita”. Così Silvia Veronesi Namioka racconta le vicende degli ultimi giorni di Gardani, morto nei territori tra la Val d’Orcia e la Val di Chiana, nei boschi di Pietraporciana, un territorio strategico che ha sofferto gravi perdite per la presenza tedesca. Tra il 27 e il 28 giugno i britannici riconquistarono in una battaglia durissima la zona: “Giorgio e altri partigiani esitarono a lasciare la posizione a scopo di difesa, e furono catturati dai nazisti: portati nel bosco, furono giustiziati con un colpo alla nuca, il giorno precedente alla liberazione di Chianciano”. Il suo nome, insieme a quelli degli altri martiri, è oggi scolpito sulla facciata del Podere di Pietraporciana, “così che studenti, giovani e visitatori conoscano quei valori di Resistenza che guidarono i partigiani e la popolazione alla liberazione”.

Poi, aggiunge: “È una storia di coraggio, che ci ha appassionato fin da piccoli in famiglia. Si intrecciava con i racconti delle persone che lavoravano con i miei nonni: la storia di questa famiglia che voleva riportare a Ferrara la salma di Giorgio. Andrea (Gardani, ndr) ha pensato di organizzare questo momento per l’ottantesimo anniversario della traslazione: io mi sono accodata, ho sempre voluto far qualcosa per lui, per contribuire al suo ricordo”.

Infine, le parole del parente Andrea Gardani. “Ho ritrovato documenti e foto di famiglia, oltre allo scritto di Giorgio Franceschini (Il partigiano Giorgio Gardani, edito nel 1974, ndr), che raccontava la vita di mio cugino: era giusto farne un ricordo condiviso. È stato un esempio di coraggio e generosità in quei pochi giorni della sua Resistenza, senza indietreggiare davanti al pericolo, per ribellarsi a un regime prepotente in nome di un futuro di diritti e libertà”.

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