Attualità
25 Agosto 2025
Flavio Mencarelli, detto Flaviano, e la sua testimonianza: “Sono arrivato a Pontelagoscuro nel ’53, quando stavano facendo ancora le prime case"

Villaggio Montecatini: storia di integrazione tra passato e presente

di Redazione | 4 min

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di Tommaso Piacentini

Flavio Mencarelli

Dal maggio scorso sono disponibili online, sulle principali piattaforme di ascolto, i primi quattro episodi del podcast “Il villaggio Montecatini (1954 – 2024) – 70 anni di vita nelle case dei lavoratori marchigiani a Pontelagoscuro, Ferrara”, un audio documentario prodotto dall’Associazione Cristalli nella Nebbia in collaborazione con Unife e Giacomo Locci del collettivo Cumbre | Altre Frequenze che documenta l’emigrazione della comunità marchigiana verso il territorio ferrarese a causa della chiusura delle miniere di Cabernardi e Percozzone, ripercorrendone le tappe attraverso le voci dei testimoni: dal loro reimpiego nella fabbrica della Montecatini, alla costruzione degli alloggi a loro destinati – il futuro “villaggio marchigiano”-, agli iniziali problemi di integrazione con i pontesani fino ai successivi matrimoni misti.

Testimoni come Flavio Mencarelli, detto Flaviano, originario di Cabernardi e giunto a Pontelagoscuro a soli due anni. Suo padre era impiegato come ricercatore nelle miniere di Cabernardi e, a seguito della chiusura, gli venne offerta la possibilità di lavorare presso lo stabilimento della Montecatini. L’unico problema? Arrivati a Ferrara, gli alloggi a loro destinati erano ancora in costruzione: “Sono arrivato a Pontelagoscuro nel ’53, quando stavano facendo ancora le prime case. Noi siamo entrati nella nostra casa solo alla fine del ’54 e, quindi, abbiamo trascorso circa un anno e mezzo o due – in attesa della costruzione della prima parte del villaggio – in una famiglia ferrarese”. 

La famiglia Lodi, che ospitava Flavio e i suoi genitori, è stato il primo punto di contatto tra le due realtà ferrarese e marchigiana, un primo embrione di integrazione: “Ci hanno ospitato e abbiamo avuto fin da subito un momento di integrazione – ha spiegato Mencarelli -, che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. Abitavano in un condominio e ci hanno messo a disposizione uno spazio per noi, me, mia mamma e mio papà. Si è instaurato un rapporto straordinario: dopo quell’esperienza con i due coniugi Lodi ho continuato a chiamarli ‘zio’ e ‘zia’ e con la figlia siamo rimasti in contatto”.  

Poi, finalmente, la casa: “Nel ’55 siamo entrati nella nostra casa, in corso del Popolo 118, che per noi era il massimo. La Montecatini faceva pagare la rata sulla busta paga, ma erano pochi pochi soldi”. Il villaggio, infatti, fu costruito dalla società Orsera, consociata della Montecatini, il cui architetto pensò di costruire case a schiera da consegnare alla manodopera marchigiana. 

In quel momento, però, Pontelagoscuro era pressoché un paese che non esisteva, completamente distrutto dalle bombe della seconda guerra mondiale e non tutti avevano visto di buon occhio la costruzione del villaggio per gli operai marchigiani: “Quelli che stavano vicino al ponte stavano aspettando le case, le richiedevano, e vedendo questo villaggio della Montecatini fatto per i marchigiani è stato un attimo”.

Iniziano, infatti, a emergere le prime disuguaglianze e i primi pregiudizi verso i nuovi arrivati, anche sul posto di lavoro. “Noi andavamo a lavorare anche quando loro (i ferraresi ndr) scioperavano, i crumiri eravamo noi”, ha dichiarato Mencarelli, ma il motivo non era di natura politica: “Se facevamo sciopero, c’era sempre la mannaia della Montecatini pronta a trasferirci”.

Queste prime difficoltà, meno insormontabili per Mencarelli che ha vissuto in famiglia di ferraresi, cominciano con il tempo a dipanarsi: viene aperto un circolo, il cosiddetto ciclo Acli, che se inizialmente viene frequentato da soli marchigiani, in seguito diventerà punto di ritrovo di giovani e adulti di tutto il paese – il circolo è tutt’oggi in attività, grazie ai suoi 150 soci e Mencarelli ne è uno dei consiglieri nel campo amministrativo -. 

Nel frattempo, i giovani ferraresi e marchigiani cominciano a frequentarsi per le vie del paese, tanto che “la stragrande maggioranza di noi si è poi sposata con l’altro sesso ferrarese” e si incontrano a scuola, che diventa luogo di crescita e riscatto: “Una delle cose che dico sempre – ha sottolineato Mencarelli – è che, pur avendo i nostri genitori uno stipendio con somme non eccessive, hanno fatto un sacco di sacrifici per farci studiare. Lo studio era fondamentale per farci diventare qualcuno e le risposte sono state tante: nel villaggio sono stati molti i diplomati e anche i laureati. La reputo una cosa importante che ci ha fatto crescere culturalmente e civilmente”. 

Oggi, a settant’anni di distanza, la realtà di Pontelagoscuro è sicuramente cambiata, ma permangono le questioni di sempre: “Nel podcast abbiamo fatto con l’università un questionario in cui ha risposto una buona maggioranza delle persone che abitano nel villaggio. I marchigiani oggi sono il 10%, mentre il 90% sono albanesi, pakistani, gente che, per il nostro interesse anche come circolo, avrebbe la possibilità di integrarsi ma è difficile”. 

“Nell’ultima iniziativa che abbiamo fatto in piazza per contrastare la violenza – ha proseguito Mencarelli -, la risposta della gente c’è stata perché abbiamo fatto anche una cena comunitaria, ma fai fatica a spostare queste situazioni. Vedo più gente disponibile a vivere la piazza in quel modo, invece di integrarsi in un’associazione come abbiamo fatto noi”. 

“L’integrazione facciamola – ha concluso Mencarelli – , continuiamo a farla, facciamo più pranzi e cene possibili, ma se non viviamo la piazza e non troviamo regole con cui gestire queste cose si farà sempre fatica”. 

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