Politica
23 Agosto 2025
Dal sogno di Bottoni alla crisi di identità del Festival. Intervento dell'ex consigliera comunale Anna Ferraresi

Buskers Festival: tra eredità culturale e nuove contraddizioni

di Redazione | 4 min

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1. Origini e trasformazioni

Il Ferrara Buskers Festival nasce nel 1988: aprire il centro storico agli artisti di strada, trasformando per qualche giorno piazze e vicoli in un palcoscenico diffuso, libero, accessibile a tutti.

È giusto riconoscere a Stefano Bottoni il merito di aver organizzato per la prima volta in Italia un festival di artisti di strada strutturato, con un programma, una logistica e una visibilità nazionale. Tuttavia, è anche vero che festival di musicisti di strada esistevano già da anni in Europa, da Edimburgo a Londra, da città olandesi e tedesche, dove eventi simili avevano già coinvolto il pubblico. La vera innovazione di Bottoni è stata dunque quella di portare questa formula in Italia, trasformandola in un appuntamento stabile e riconoscibile nel cuore di Ferrara.

Nel tempo, però, quella formula si è progressivamente trasformata: dal contributo volontario raccolto nel cappello si è passati a ticket d’ingresso, confinando negli anni scorsi il festival al Parco Massari o a Corso Ercole I d’Este. Quest’anno il ritorno nel cuore della città segna certamente un passaggio simbolico importante, ma non scioglie le contraddizioni di fondo.

2. La privatizzazione degli spazi pubblici

La questione centrale è la progressiva privatizzazione degli spazi pubblici. Per qualche giorno, piazze e strade che appartengono alla comunità diventano accessibili solo a pagamento, trasformandosi in un’area regolata da logiche commerciali. È legittimo chiedersi se questo non snaturi la natura stessa del festival e il rapporto con la cittadinanza. L’arte di strada era nata come inclusione, improvvisazione e incontro gratuito. Progressivamente nel corso degli anni anni il Ferrara buskers festival è diventato un prodotto confezionato, commerciale. L’arte di strada era nata come inclusione, improvvisazione e incontro gratuito. Basta ricordare l’ospitata di Gianna Nannini nel 2020, che secondo alcune voci sarebbe costata circa 30mila euro per appena mezz’ora di esibizione. Un cachet che stride con lo spirito che anima l’autenticità dei buskers.

3. Contributi pubblici

Il paradosso diventa ancora più evidente se si guarda ai contributi pubblici: ogni anno il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, la Regione, Emilia Romagna, il Comune di Ferrara , il Comune di Comacchio e la Camera di Commercio. sostengono con fondi consistenti la manifestazione, riconoscendone il valore culturale ed economico (dal 2019 al 2024 sono stati erogati poco più di un milione di euro).

4. La famiglia Bottoni: gratitudine o ricatto?

La famiglia Bottoni ha legato indissolubilmente il proprio nome al festival, ma le dichiarazioni recenti – “Ferrara o c’è o dico basta” – hanno suscitato perplessità. Dopo quasi quarant’anni di sostegno ininterrotto da parte delle amministrazioni di ogni colore politico, forse sarebbe più opportuno ringraziare la città, invece che minacciarla. Un rapporto che rischia di trasformarsi in dipendenza reciproca, dove la manifestazione sembra appartenere più a una famiglia che alla comunità.

5. Politica e due pesi e due misure

La vicenda rivela anche le ambiguità della politica locale. Quando la destra al governo del Comune chiude spazi pubblici per iniziative proprie, il PD insorge parlando di limitazioni e privatizzazioni. Ma sul Buskers Festival, gli stessi spazi chiusi per un evento privato vengono difesi come simbolo identitario. Non solo: all’interno del PD emergono contraddizioni profonde. Da un lato Michele Farinelli – segretario Pd di Comacchio – esprime una critica autentica e sincera, la segretaria comunale di Ferrara – che pure parla di discontinuità e rinnovamento – tace , mentre il consigliere Davide Nanni ribadisce la linea ufficiale di sostegno pieno e acritico al festival. Una distanza che mostra quanto sia difficile per i partiti rinunciare a simboli che portano consenso, anche a costo di incoerenza.

6. Due stili a confronto: Farinelli e Cenacchi

Emblematica è anche la differenza di approccio tra Michele Farinelli e Angela Cenacchi. consigliera comunale PD a Copparo. Farinelli, pur sostenendo il festival, ne evidenzia limiti e storture con lucidità, invitando a una riflessione seria nel merito. Cenacchi, al contrario, reagisce come se ogni critica fosse un attacco personale, schierandosi a difesa dello status quo senza alcuna apertura al confronto. La sua strategia è difensiva e aggressiva: minimizza problemi evidenti, trasforma le osservazioni in polemiche contro chi osa dissentire, e usa toni che ricordano più la contrapposizione politica di bassa lega che un dibattito costruttivo sulla cultura. È il segnale di chi confonde il consenso con l’infallibilità e considera il festival una propria bandiera da difendere a tutti i costi, anche a scapito della trasparenza e della qualità del dibattito pubblico.

Già l’anno scorso auspicavo “forse arrivato il momento di prendersi una pausa e riflettere sul futuro del Ferrara Buskers Festival. Un’opportunità per tornare alle radici, per rinnovare l’impegno verso quella libertà artistica che ha fatto innamorare migliaia di persone. Un ritorno all’essenza che ha reso questo Festival unico nel suo genere, simbolo di una cultura libera, senza confini e accessibile a tutti”.

Oggi, più che mai, ritengo che sia necessario tornare a riflettere su questi valori, sulla spontaneità che ha reso grande il festival e sulla sua accessibilità a tutti, cittadini e visitatori. Un momento di pausa e riflessione potrebbe aiutare a conciliare professionalità, sostenibilità economica e la libertà artistica che è alla base del successo del Ferrara Buskers Festival.

Anna Ferraresi

ex consigliera comunale

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