Dal 1995 a oggi, i prezzi dell’energia sono aumentati del 178%. Un dato allarmante, evidenziato dall’Ufficio Studi nazionale di Confcommercio, che sottolinea anche l’impennata delle spese obbligate (casa, utenze, trasporti), ormai arrivate a pesare per oltre il 42% del budget familiare, comprimendo drasticamente i consumi delle famiglie italiane.
In questo contesto, se da un lato si registrano timidi segnali di ripresa in settori come ristorazione, turismo e tempo libero, dall’altro l’impatto del caro energia si fa sentire con forza soprattutto per i pubblici esercizi, tra i più esposti all’aumento dei costi energetici.
“I segnali positivi nei budget di spesa delle famiglie – dichiara Matteo Musacci, vicepresidente nazionale di FIPE-Confcommercio – non devono farci dimenticare il peso crescente dell’energia nei bilanci delle imprese. Questo è un fattore determinante per la loro sostenibilità economica e operativa”.
Nonostante le difficoltà, il settore ha reagito con responsabilità: i prezzi della ristorazione, adeguati a partire da luglio 2021, sono rimasti in linea o inferiori ai livelli di inflazione, a differenza di altri comparti – come quello dei trasporti – dove i rincari sono stati ben più accentuati.
A questa criticità si aggiunge un altro elemento strutturale: la cronica carenza di personale nel settore, denunciata anche da recenti report delle Camere di Commercio.
“È urgente – conclude Musacci – avviare un percorso condiviso con le istituzioni, anche a livello locale, per proteggere un comparto che non è solo economico, ma anche sociale e urbano. I dehors, ad esempio, sono diventati veri e propri spazi di rigenerazione delle città: tutelare la ristorazione significa tutelare la qualità della vita urbana”.
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