ll 15 novembre 1943 Ferrara si svegliò nel terrore. Dopo l’uccisione di Igino Ghisellini, federale fascista, il regime arrestò 72 persone tra ebrei e antifascisti. Undici di loro furono fucilati, otto proprio davanti al muretto del Castello Estense, lasciati a terra per ore come monito per la città. Quel muro, quel tratto di Corso Martiri della Libertà, è diventato un luogo sacro per la memoria civica: lì si ricorda cosa significò il fascismo alleato con il nazismo, lì si onorano uomini che pagarono con la vita il loro rifiuto di piegarsi.
Quella storia per me non è soltanto un capitolo nei libri: è parte della mia famiglia. Mio nonno era socialista, mio padre e i suoi fratelli non si iscrissero mai al Partito Fascista. Mio padre, giovane oppositore, vide con i propri occhi quei corpi a terra. Sopravvisse ai rastrellamenti e fu risparmiato da una pallottola inceppata nel fucile di un tedesco. Quei ricordi sono arrivati fino a me, intatti e dolorosi.
Per questo trovo grave e fuorviante la polemica scoppiata attorno alla foto di Anas al-Sharif, il giornalista palestinese ucciso a Gaza, apposta al muretto del Castello. Le vittime palestinesi meritano memoria e rispetto, e condanno senza esitazioni il gesto di chi ha gettato quella foto nel cestino dei rifiuti : è un’offesa alla dignità e al dolore di un popolo.
Il rispetto per la memoria storica locale non si oppone alla solidarietà internazionale: la difesa di un luogo come il muretto del Castello non è indifferenza verso altre vittime, ma consapevolezza che la storia ha bisogno di contesti chiari per essere compresa.
Mescolare simboli e tragedie rischia di annacquare entrambe. La memoria, per restare viva, ha bisogno di verità, di luoghi e di tempi che le appartengono.
Trovo inoltre pericoloso che il sindaco, nel rispondere a queste manifestazioni, evochi genericamente l’antisemitismo. L’antisemitismo va combattuto sempre, ma non va confuso con la denuncia delle politiche del governo israeliano e con la solidarietà a un popolo oppresso. Sionismo e popolo ebraico non sono la stessa cosa: usare le parole in modo improprio rischia di alimentare divisioni e di oscurare la verità.
La mia posizione è chiara: sto dalla parte della memoria dei nostri martiri, che a Ferrara hanno pagato con la vita per la libertà, e sto dalla parte delle vittime palestinesi che oggi muoiono sotto le bombe. Ma rifiuto le strumentalizzazioni. Le polemiche sterili che vanno avanti da giorni non fanno altro che alimentare odio e confusione.
Il muretto del Castello è simbolo di libertà. La Palestina oggi chiede libertà. Ricordiamolo con rispetto, senza piegare la memoria a usi impropri. Perché la memoria, se non è verità, diventa solo un’arma nelle mani di chi vuole dividere.
Anna Ferraresi