di Tommaso Vissoli
Sono passati due mesi dall’avvio del progetto Agribus, un’iniziativa sperimentale di trasporto collettivo per lavoratori agricoli nella provincia di Ferrara. A fare il punto sullo stato dell’iniziativa e primi risultati raggiunti è Dario Alba, segretario provinciale della Flai Cgil, coinvolto direttamente nella realizzazione del progetto, tra difficoltà incontrate e prospettive future.
Sono passati due mesi dall’avvio del progetto Agribus. Può fare un primo bilancio?
“Sì, l’adesione è stata inizialmente molto ampia. I pullman erano pieni, con circa 150 posti disponibili. Con il tempo c’è stato un leggero calo, ma legato principalmente a esigenze organizzative delle aziende agricole. È normale che, essendo un progetto sperimentale, ci siano degli assestamenti in corso d’opera. Il trasporto collettivo funziona e li rende più autonomi, anche se il servizio non è ancora sufficiente per coprire tutte le necessità del territorio. È un’iniziativa che va certamente ripetuta e migliorata con il tempo”.
Ci sono state difficoltà o ostacoli nella fase di partenza? Come li avete affrontati?
“Qualche difficoltà c’è stata, come era prevedibile. In particolare, nella gestione degli orari e delle rotte. L’associazione Ami ha lavorato per correggere i tragitti, contattando direttamente le aziende agricole coinvolte per adeguarsi alle loro necessità. È stato necessario un po’ di rodaggio, ma siamo riusciti ad adattarci con il lavoro quotidiano e un dialogo costante”
Agribus può diventare un modello replicabile anche in altre zone agricole d’Italia?
“Assolutamente sì. È un modello che funziona e va sicuramente sistemato e adattato al contesto locale, ma ha già attirato l’interesse a livello nazionale. La Flai nazionale mi ha contattato per avere informazioni dettagliate e colleghi da diverse province sono venuti a studiarlo, come quelli dell’Aquila, che hanno incontrato il Comune di Portomaggiore. Ogni territorio ha le sue caratteristiche agricole, ma i principi del progetto possono essere replicati”.
Com’è stata la collaborazione con le aziende agricole del territorio? C’è consapevolezza sull’importanza di offrire un trasporto sicuro e legale ai lavoratori?
“Direi di sì. Il fatto che abbiano partecipato aziende come Mazzoni dimostra che c’è una volontà di fare le cose in modo regolare. Alcune aziende, pur non aderendo direttamente, si sono dette interessate. Il tema è che spesso non si sa come arrivano i lavoratori stranieri nei campi, se si affidano a trasporti irregolari o condividono costi con altri in situazioni poco chiare. Agribus rappresenta una vera alternativa sana, e può incentivare le aziende a uscire da pratiche opache. Il lavoro nero esiste ancora, ma questa è una risposta concreta”.
Quali saranno i prossimi passi del progetto Agribus? Sono previste estensioni o modifiche?
“A fine settembre faremo un bilancio completo, raccogliendo i feedback sia dei lavoratori che delle aziende. Le modifiche sono già iniziate, soprattutto sugli orari e sulle fasi di lavoro. L’obiettivo è prolungare il progetto oltre i tre mesi iniziali, cercando nuovi finanziamenti e coinvolgendo più aziende. È un puzzle che stiamo costruendo pezzo dopo pezzo, senza strafare. Il Centro per l’Impiego di Portomaggiore è stato un punto di riferimento importante, unico in Emilia-Romagna, e per questo il nostro progetto è diventato un caso di studio nazionale”.
Agribus è soprattutto una risposta concreta al fenomeno del caporalato?
“Assolutamente sì. Oggi ci rendiamo conto che il trasporto è un business enorme per chi sfrutta i lavoratori. Solo con i 150 trasportati da Agribus in questi tre mesi, abbiamo sottratto circa 160.000 euro a chi lucra su di loro. Se riuscissimo ad ampliare il raggio a 500 lavoratori, potremmo parlare di un giro d’affari illegale vicino al milione di euro. La repressione è necessaria – come nel caso degli ultimi controlli a Poggio Renatico – ma da sola non basta. Serve prevenzione, serve dare alternative legali. Le poche aziende che si affidano ancora ai caporali inquinano un settore agricolo che, nel nostro territorio, è una risorsa preziosa”.
In conclusione, qual è il messaggio che volete lanciare come Flai Cgil?
“Dobbiamo dare dignità a chi lavora nell’agricoltura, il settore primario. Agribus è un primo passo importante, ma serve continuare con coraggio e con il coinvolgimento di tutte le parti: sindacati, aziende, istituzioni. E dobbiamo continuare a vigilare perché il lavoro sia regolare, sicuro e rispettoso dei diritti umani”.
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