L'inverno del nostro scontento
25 Luglio 2025

L’orrore indicibile del genocidio di Netanyahu

di Girolamo De Michele | 4 min

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[il ragazzo nella foto in alto, pubblicata dal quotidiano israeliano Haaretz, aveva 14 anni]

Alcuni potrebbero descrivere questa campagna come pulizia etnica, non come genocidio. Ma esiste un legame tra questi crimini: quando un gruppo etnico non ha un posto dove andare e viene costantemente spostato da una cosiddetta safe zone all’altra, bombardato e affamato senza sosta, la pulizia etnica può trasformarsi in genocidio.
Questo è stato il caso di diversi, ben noti genocidi del XX secolo: quello degli Herero e dei Nama nell’Africa sud-occidentale tedesca, oggi Namibia, iniziato nel 1904; degli Armeni durante la Prima Guerra Mondiale; e, in effetti, persino dell’Olocausto, che iniziò con il tentativo tedesco di espellere gli ebrei e si concluse con il loro assassinio.*

La foto risalta sulla copertina del quotidiano inglese Daily Express del 23 luglio: un bambino scheletrico, fra le braccia della madre, con un sacco nero della spazzatura come pannolino. La sua bocca è aperta quasi a gridare aiuto. È un bambino di Gaza e sta chiaramente morendo di fame. Che dire davanti a questa foto e alle altre che appaiono nelle pagine interne, altrettanto terribili? Anche l’indignazione sembra impotente di fronte a immagini così angosciose, il dolore che proviamo lascia il tempo che trova. Mentre ci indigniamo e ci addoloriamo, quel bambino e tanti altri come lui muoiono.

Sono immagini che ricordano il Biafra della fine degli Anni Sessanta e – mi azzardo a dirlo anche se ho fin qui rifiutato di fare paragoni con la Shoah – le immagini dei deportati ebrei nei campi. Sono le immagini della fame che porta alla morte.**

Fino ad oggi, solo pochi studiosi dell’Olocausto – e nessuna istituzione dedicata alla ricerca e alla commemorazione – ha lanciato l’allarme sul fatto che Israele potrebbe essere accusato di aver commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità, pulizia etnica o genocidio. Questo silenzio ha ridicolizzato lo slogan “Mai più”, trasformandone il significato da un’affermazione di resistenza all’inumanità, ovunque venga perpetrata, a una scusa, a delle scuse, persino a una carta bianca per distruggere gli altri invocando la propria passata condizione di vittima.*

[la foto in alto – Agenzia Reuters – è stata pubblicata dal Washington Post]

Per Frodo l’unica eventualità che giustifica l’uccisione è la legittima difesa: uccidere per non essere uccisi. Questa è la sua interpretazione del quinto comandamento biblico, «Non uccidere», che trasfigura in volontà di Dio quella che è la resistenza dell’umano alla soppressione della vita altrui. Perché – per restare dentro l’allegoria tolkieniana – uccidendo l’altro si uccide anche l’umano che è in noi e si dà spazio invece alla nostra componente orchesca. E se tocca farlo, per non essere uccisi, allora i limiti posti da Frodo diventano tanto più importanti: uccidere soltanto come extrema ratio e soltanto coloro che a loro volta stanno per ucciderci, evitando ogni rappresaglia.
Quelli che pensano che il fine giustifichi ogni mezzo, che non ci sia uccisione che non possa essere compiuta pur di prevalere – a prescindere che a morire siano canaglie, simpatizzanti o persone incolpevoli –, e che le vittime collaterali siano un inevitabile prezzo da pagare, o meglio, da far pagare agli altri, perché «hanno cominciato loro»… ecco, quelli che ragionano così hanno già soppresso la propria componente umana e sono diventati orchi. Sono già indistinguibili dal Nemico che combattono. Stanno già usando l’Anello, convinti di poterlo fare a fin di bene.***

* Omer Bartov, I’m a Genocide Scholar. I Know It When I See It, “The New York Times”, 15 luglio 2025 (traduzione mia). Omer Bartov, storico israelo-americano, è uno dei maggiori studiosi del genocidio viventi; nel 2018 ha vinto il National Jewish Book Award – Holocaust category col saggio Anatomy of a Genocide: The Life and Death of a Town

** Anna Foa, I bambini di Gaza muoiono di fame: l’orrore indicibile di Netanyahu, “La Stampa”, 24 luglio 2025. Anna Foa è una delle voci più importanti nel campo degli studi storici italiani; ha pubblicato Il suicidio di Israele, vincitore del premio Strega saggistica

*** Wu Ming 4, Restare umani in tempo di guerra: Tolkien e il dilemma etico (conferenza tenuta il 10 e 11 luglio 2025), su Giap; Wu Ming 4 fa parte del collettivo Wu Ming, e studia da anni l’opera di Tolkien

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