Con la voce rotta dall’emozione e gli occhi pieni di gratitudine e rabbia, Lino Aldrovandi ha concluso ieri sera la sound parade dedicata alla memoria del figlio Federico con un discorso potente e vibrante, carico di significati e di memoria civile. Un momento toccante, che non si è fermato al solo ricordo di Federico, ma si è allargato anche a un’altra ferita ancora aperta nella storia del nostro Paese: quella di Carlo Giuliani, ucciso a Genova durante il G8 del 2001.
“Non posso che ringraziarvi tutti, cominciando dal Comitato Federico Aldrovandi, rinato grazie ad Andrea e a tanti altri, stamattina nel ventennale dell’uccisione di un ragazzo di 18 anni”, ha esordito Lino davanti ai partecipanti, commossi e attenti. “Affinché non venga mai dimenticato quanto di assurdo e incomprensibilmente accadde all’alba di una maledetta domenica assassina, con la speranza che non accada mai più a nessuno. Basta”.
Un discorso che è andato oltre il dolore personale, facendosi denuncia e richiamo a una cultura delle istituzioni fondata sul rispetto dei diritti e della dignità umana. “Bisogna mantenere alta l’attenzione sui diritti alla vita, anche del cosiddetto ultimo”, ha ribadito Lino, evidenziando come “chi quei diritti ha il compito e il dovere di farli rispettare, deve farlo dimostrando nel proprio agire che la violenza gratuita e ingiustificata non fa parte della sua cultura. Una cultura che purtroppo da tantissimo tempo vedo molto, ma molto carente, per non dire nulla”.
E poi, ha evocato Genova. “Vi dice niente se dico G8? Il 20 luglio ricorre il triste anniversario dell’uccisione di un altro ragazzo, Carlo Giuliani. Una storia diversa da questa, ma dove anche lì, in un lontano 2001, i diritti dei cittadini furono interrotti in tutto e per tutto con quella violenza gratuita e ingiustificata, priva completamente di quella cultura a cui facevo riferimento prima”.
Lino non ha nascosto la rabbia né la frustrazione per l’assenza di giustizia e di responsabilità: “Viviamo in un mondo sempre più assurdo e violento, dove bestie con sembianze umane, dall’alto del loro potere, continuano a ordinare di uccidere generi innocenti come noi nel nome della civiltà e della salvaguardia della democrazia. Massacrando, di fatto, quella parola di quattro lettere, semplice e immensa: vita”.
Ha ricordato, infine, quanto per lui, e per Patrizia Moretti, madre di Federico, e per la loro famiglia il mondo fosse “meraviglioso”, fino a quando la brutalità non si è abbattuta su di loro. “Pochi uomini, con il potere di decidere sul destino delle persone che lo abitano, vorrebbero farlo apparire come bastardo, assassino. E ci stanno riuscendo benissimo”.
Infine, prima di chiudere e abbracciare idealmente la folla raccolta al Black Star, ha lasciato echeggiare una parola tanto semplice quanto deflagrante nella sua crudezza, rivolta a chi ha privato Federico, Carlo, e tanti altri, del diritto più elementare: “Maledetti”.
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