Gentile Direttore,
ho letto con attenzione la lettera di Claudia Zamorani pubblicata su Estense.com, intitolata “Ferrara Summer Festival? I numeri parlano di flop”, e sento il dovere, da cittadina informata e da ex consigliera comunale d’opposizione, di offrire una riflessione pubblica che vada oltre le contrapposizioni politiche e gli slogan di comodo.
Sono e sono stata una ferma oppositrice della giunta Fabbri, come ho dimostrato negli anni con prese di posizione, atti consiliari e critiche puntuali, anche sui grandi eventi come il Ferrara Summer Festival. Tuttavia, proprio perché ritengo importante mantenere alta la qualità del dibattito pubblico e della stampa, credo sia necessario rispondere con serietà ad alcune affermazioni contenute nella lettera della Zamorani.
Definire il Ferrara Summer Festival un “flop” sulla base del rapporto tra spettatori e capienza massima teorica di Piazza Ariostea – come se ogni serata dovesse necessariamente raggiungere i 18mila presenti – è un’operazione semplicistica, che ignora numerosi fattori. La cifra di 90mila spettatori, distribuiti su 16 serate in poco più di tre settimane, non può essere letta come un fallimento solo perché non si è raggiunto un ipotetico “pieno” costante.
Bisogna anzitutto ricordare che non tutti gli eventi hanno avuto lo stesso target né lo stesso impatto, che alcune serate avevano un’impostazione diversa (concerti vs. dj set) e che la strategia di promozione può avere incluso anche politiche di prezzo flessibili, che non sono uno scandalo, ma un mezzo per rendere l’offerta accessibile. Parlare di “biglietti svenduti” come se fosse una prova di insuccesso è fuorviante: in qualsiasi festival musicale di livello nazionale o internazionale è prassi proporre offerte promozionali last minute, sconti per gruppi o fasce di pubblico, e questo non inficia il valore complessivo dell’iniziativa.
L’argomento “se davvero fosse stato un successo, i presenti sarebbero stati 288mila” è un’iperbole che confonde il potenziale teorico con i risultati reali, e ignora la natura stessa di qualsiasi evento pubblico: non è mai realistico, né utile, misurare il successo sulla base della saturazione totale.
Ciò non significa che non ci siano criticità, anzi. Ma credo vadano collocate nel contesto giusto.
La vera questione, riguarda la 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗼𝗰𝗮𝘁𝗶𝗼𝗻 e la 𝘃𝗶𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀.
Piazza Ariostea non è uno spazio neutro: è delicato sotto il profilo ambientale, logistico e acustico. La convivenza con i residenti, la sostenibilità delle strutture temporanee, l’impatto su verde, viabilità e trasporti, sono temi che meritano un confronto aperto, plurale, documentato. Ma per avere forza e autorevolezza, queste critiche devono essere supportate da dati solidi e da analisi corrette, non da aritmetica piegata al titolo d’effetto.
Ferrara ha bisogno di voci critiche, ma anche responsabili. Dire che 90mila spettatori in tre settimane sono “un flop” non aiuta nessuno, soprattutto quando si pretende di farlo passare per verità matematica. Altrimenti si finisce per rafforzare proprio ciò che si vorrebbe mettere in discussione.
E la critica, invece di incidere, si svuota.
Cordialmente
Anna Ferraresi, ex consigliera comunale