In seguito al recente dibattito emerso attorno alla questione del gender gap all’interno dell’Azienda Sanitaria Locale di Ferrara, che ha visto protagonisti il segretario provinciale Fp Cgil Marco Blanzieri e l’Ausl stessa, arriva una riflessione articolata da parte di Paola Peruffo, esponente del Direttivo provinciale di Fratelli d’Italia. Un intervento che va oltre l’attualità locale per toccare una questione strutturale che riguarda l’intero Paese: la persistente disuguaglianza tra uomini e donne nei ruoli dirigenziali, nonostante i progressi compiuti.
“Ho seguito con attenzione il dibattito – scrive Peruffo alla stampa – e ritengo che ogni spunto di rilievo possa dar vita a una, seppur lenta, evoluzione positiva”. Per la dirigente ferrarese di Fratelli d’Italia, il confronto sul gender gap nella sanità non può restare un episodio isolato: va inquadrato in una problematica più ampia che continua a penalizzare le donne nel mondo del lavoro, e in particolare nei livelli apicali. “Il divario di genere in Italia, specialmente per quanto riguarda i ruoli dirigenziali e le opportunità di carriera, rimane un problema ancora significativo”, sottolinea.
Peruffo richiama numeri concreti che mostrano quanto la disparità sia tuttora marcata: “Un altro esempio concreto: su 85 atenei italiani, le rettrici sono solo 17, ovvero una ogni cinque colleghi uomini”. Un dato che parla da sé e che smentisce la percezione, a volte troppo ottimistica, che la parità di genere sia ormai cosa fatta.
“La persistenza del gender gap – osserva ancora – non è solo una questione di equità sociale, ma un freno alla piena realizzazione del potenziale del nostro Paese”. Anche la presenza di figure femminili ai vertici del governo nazionale o delle istituzioni europee, che Peruffo non esita a definire “una conquista significativa”, rischia di distorcere la realtà se presa come metro assoluto. “Non dobbiamo farci ingannare – avverte – dalla constatazione che i vertici apicali di Governo nazionale e Ue siano occupati da due donne. Da un lato ciò rappresenta una notevole conquista in termini di impatto sociale, ma può al contempo rischiare di offuscare l’impegnativo percorso che rimane da fare, specie in Italia, per una maggiore equità di genere relativamente alle posizioni dirigenziali”.
Lo squilibrio, secondo Peruffo, si manifesta ancora oggi in molte forme sottili e poco evidenti, ma non per questo meno efficaci nell’ostacolare il pieno riconoscimento del talento femminile. “Un primo passo avanti – scrive – sarebbe quello di prendere atto delle barriere, spesso sottili ma persistenti, che impediscono alle donne di raggiungere posizioni dirigenziali”.
Con lo sguardo rivolto al futuro, Peruffo propone anche una direzione chiara da seguire: “Lo step successivo – e dovrebbe coinvolgere tutte le forze politiche – è quello di continuare a intervenire con azioni concrete per eliminare progressivamente le differenze legate al genere per i ruoli dirigenziali, garantendo che il merito, la competenza e il talento siano gli unici criteri di accesso e avanzamento”. In altre parole, creare contesti dove “il talento femminile non sia più un caso raro o rarissimo, ma la norma”.
Ma c’è anche spazio per una riflessione storica nel ragionamento della dirigente ferrarese, che richiama una figura simbolica come quella di Anna Morandi Manzolini, anatomista vissuta nella Bologna del Settecento. “Il suo destino, come quello di molte donne contemporanee, avrebbe dovuto essere quello di sposa fedele e madre devota. Eppure, Anna ruppe gli schemi: dopo che la salute del marito peggiorò, decise di continuare la sua attività. Diventò così l’anatomista più importante dell’epoca, la prima donna scultrice di modelli anatomici”.
La figura di Morandi, per Peruffo, rappresenta una testimonianza storica del fatto che il talento delle donne ha sempre dovuto combattere contro pregiudizi e costrizioni. “I suoi modelli in cera, che permettevano lo studio del corpo umano senza cadaveri, furono ammirati per decenni per la loro perfezione. È anche grazie a figure come lei che oggi possiamo parlare, seppur ancora faticosamente, di parità di opportunità”.
Il messaggio finale è chiaro e diretto: servono politiche che rimuovano gli ostacoli strutturali e culturali alla valorizzazione del talento femminile. “Solo così – conclude Peruffo – potremo costruire una società più equa e meritocratica, dove ogni donna possa realizzare appieno il proprio potenziale, anziché abbandonare l’Italia per sentirsi maggiormente realizzata”. Un richiamo forte alla responsabilità collettiva, rivolto non solo alla politica ma anche al mondo del lavoro, dell’università e delle istituzioni pubbliche. Perché, come ricorda Paola Peruffo, la parità di genere non è una battaglia di parte: è una sfida di civiltà.
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