Avrebbero messo in piedi un’organizzazione tra le province di Ferrara – in particolare Portomaggiore e Argenta – e Milano con l’obiettivo di favorire l’immigrazione clandestina, falsificando i documenti di decine e decine di stranieri. Fino a quando gli inquirenti non hanno scoperchiato e smantellato quel giro di affari che stava fruttando migliaia e migliaia di euro.
È quello che il pm Flavio Lazzarini della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna contesta a novanta imputati, finiti alla sbarra con le accuse – a vario titolo – di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative e contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti per fatti avvenuti tra il 2015 e il 2016.
A distanza di dieci anni, il processo è approdato ieri (10 luglio) mattina davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Ferrara. Ma per poco. La presidente Piera Tassoni infatti, accogliendo le eccezioni delle difese, ha ordinato la restituzione degli atti al gup del tribunale di Bologna – che a fine 2024 aveva rinviato a giudizio gli imputati – per la genericità del capo di imputazione, che quindi dovrà essere nuovamente riformulato per meglio specificare le singole condotte dei presunti responsabili e identificare con precisione le persone offese.
Alla sbarra ci sono persone che all’interno dell’organizzazione, avrebbero ricoperto ruoli ben precisi. Su tutti autisti, intermediari e falsari che – dietro il pagamento di circa 6-7 mila euro per ogni ‘pratica’ illegale – avrebbero materialmente favorito l’entrata degli stranieri in Italia, facendo loro ottenere falsi visti di ingresso e reingresso, permessi di soggiorno, carte di identità e patenti di guida senza averne diritto, raggirando quindi – secondo quello che è l’impianto accusatorio iniziale – le disposizioni normative in materia di immigrazione.
Nel mirino anche rappresentanti legali di aziende che avrebbero falsamente attestato l’impiego degli stranieri per permettere loro di ottenere i documenti necessari a restare in Italia.
Lo avrebbero fatto fino a quando qualcuno tra gli immigrati ha deciso di denunciare tutto. Da lì, attraverso l’utilizzo di intercettazioni telefoniche, gli inquirenti hanno iniziato a ricostruire tassello dopo tassello l’organizzazione, riuscendo a contestarne l’associazione a delinquere a novanta persone.
Un’inchiesta complessa e delicata che però, almeno per il momento, subisce una battuta d’arresto. La decisione della Corte d’Assise di Ferrara di restituire gli atti al gup di Bologna impone infatti una riformulazione più precisa del capo d’imputazione, con l’obiettivo di chiarire meglio le singole condotte contestate e le persone offese. Solo dopo questo passaggio sarà possibile capire se e quando il processo potrà effettivamente prendere il via. Nell’attesa, restano al centro dell’attenzione le ipotesi investigative su una rete organizzata che avrebbe operato tra Ferrara e Milano per facilitare illegalmente l’ingresso irregolare di numerosi stranieri in Italia.
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