Ferrara è al centro di un ambizioso progetto che mira a invertire il declino demografico ed economico delle aree lungo il fiume Po. E’ stata presentata a Polesine Zibello (PR) la prima fotografia socio-economica dettagliata dei territori rivieraschi grazie a uno studio promosso dall’Autorità di bacino del fiume Po (Adbpo) e curato dalla Cattedra Unesco “Educazione, Crescita ed Eguaglianza” dell’Università di Ferrara, diretta dal professore Patrizio Bianchi. Un lavoro che evidenzia fragilità, ma soprattutto opportunità, e che chiama Ferrara, insieme ad altri 101 comuni dell’asta fluviale, a un ruolo da protagonista nella rigenerazione del territorio.
Ferrara, con la sua posizione strategica e il patrimonio storico-ambientale lungo il Grande Fiume, è tra i comuni dell’Emilia-Romagna inclusi nella Riserva della Biosfera “Po Grande”, riconosciuta dall’UNESCO. E’ anche città universitaria da cui ha preso le mosse lo studio, guidato dal professor Bianchi con il contributo della professoressa Valentina Mini e del dottor Muratbek Tolokov.
Lo studio ha analizzato dati demografici, mercato del lavoro, struttura produttiva e coesione sociale dei comuni rivieraschi, inclusa la realtà ferrarese, evidenziando le criticità tipiche delle cosiddette MAiDAs – “Aree marginali in aree sviluppate”. Ferrara non è estranea a queste dinamiche: in alcune sue frazioni rivierasche si registrano spopolamento, invecchiamento della popolazione e un mercato del lavoro frammentato, problematiche che il progetto intende affrontare con strategie mirate.
Tra gli ambiti prioritari: la scuola, dove nelle aree rurali e periferiche del ferrarese il rischio di chiusura degli istituti impone soluzioni innovative, come scuole-polo, didattica digitale e apertura degli edifici scolastici alla comunità. Sul fronte economico, Ferrara può valorizzare il proprio tessuto manifatturiero e agroalimentare in chiave di transizione verde e sviluppo di nuove forme di economia rurale: agricoltura di prossimità, cooperative di comunità e turismo lento sono tra i modelli suggeriti dallo studio.
Un altro obiettivo è il ripopolamento: per contrastare l’esodo dalle campagne ferraresi, il piano prevede incentivi mirati, servizi di prossimità, accesso alla connettività e promozione della qualità della vita nelle zone rivierasche. L’area del Po ferrarese è inoltre candidata a diventare un laboratorio per l’energia sostenibile, con una riflessione sull’utilizzo compatibile del suolo agricolo per impianti rinnovabili, e per il turismo rigenerativo, valorizzando paesaggio, cultura fluviale e produzioni locali.
“Ferrara e il suo territorio possono diventare esempio di come si possa coniugare tutela ambientale, coesione sociale e innovazione – ha dichiarato il prof. Patrizio Bianchi -. Lo studio che abbiamo realizzato fornisce basi solide per pianificare una rinascita concreta”.
La “sfida della rinascita” è stata accolta da 102 sindaci e amministratori, inclusi quelli della provincia di Ferrara, riuniti per la prima volta attorno a un progetto di rigenerazione condiviso su scala interregionale. L’incontro al teatro Frondoni di Pieveottoville ha sancito un nuovo approccio cooperativo tra territori, istituzioni e ricerca accademica.
“Questo è un punto di partenza – ha sottolineato Ludovica Ramella della Segreteria tecnica Po Grande -. La capacità di iniziativa delle comunità locali, come quella ferrarese, sarà decisiva per il successo del progetto”.
Con l’Università di Ferrara come punto di riferimento scientifico e una presenza attiva nella rete della Riserva Mab, il territorio ferrarese si candida a essere motore di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, che tenga insieme innovazione, cultura, ambiente e comunità. La rinascita del Po passa anche – e forse soprattutto da qui.
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