Il Presidente Mattarella: “È inaccettabile il rifiuto di applicare le norme del diritto umanitario nei confronti dei cittadini di Gaza”
"Si impone, subito, il cessate il fuoco. I Palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi".
"Si impone, subito, il cessate il fuoco. I Palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi".
Ma che dire di Gaza? Non un solo uomo giusto a Sodoma, nemmeno uno
"Mi occupo di ricerca sull'Olocausto da 40 anni: non avrei mai immaginato che lo Stato ebraico avrebbe bombardato a morte bambini affamati"
Disarmare la Terra oggi è un imperativo morale: ripetere queste parole di Papa Francesco è un reato?
La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto
Where’s your Daddy? è un videogioco nel quale un bambino cerca di uccidersi in casa recuperando uno fra le decine di oggetti potenzialmente letali – il flaccone di candeggina, una posata da infilare nella presa elettrica –, e un padre cerca di impedirglielo. Citando un bravo comico, una specie intelligente capace di concepire un prodotto del genere merita l’estinzione. Ma c’è di peggio: un programmatore ha scelto questo nome per un sistema di intelligenza artificiale che insegna ai droni israeliani a individuare ed eliminare esseri umani che, dopo il bombardamento di un luogo abitato, escono dal rifugio per cercare i superstiti. Where’s your Daddy? interviene in seconda battuta dopo Gospel, un sistema di intelligenza artificiale che stima il numero di vittime collaterali nel colpire un target in cui è ritenuto essere un potenziale obiettivo: un militare riceve l’informazione, e dà l’ok al drone, sapendo quante vittime civili saranno colpite. Con le parole di uno di questi [qui]:
Niente succede per caso. Quando una bimba di tre anni viene uccisa in una casa a Gaza, è perché qualcuno nell’esercito ha deciso che la sua morte non è un dramma – che è un prezzo accettabile da pagare per poter colpire un obiettivo. Non siamo Hamas. Non lanciamo razzi a caso. Tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa.
Lo sviluppo di sistema di intelligenza artificiale in israele è reso possibile dalla partnership con Palantir Technologies [proprio così, Palantír: leggere Tolkien da piccolo non necessariamente farà di te un essere umano capace di distinguere il bene dal male], azienda statunitense specializzata nell’analisi dei Big Data; e dall’accesso alle proprie tecnologie cloud e di intelligenza artificiale concesso al governo israeliano da Microsoft, Alphabet [cioè Google] e Amazon. Come per Shylock, il sangue umano vale nella misura in cui può essere trasfigurato in una merce messa a valore; e infatti crescono i profitti di queste aziende, e crescono gli investitori dei propri capitali in questo settore: Blackrock è il secondo maggiore investitore istituzionale in Palantir (8,6%), Microsoft (7,8%), Amazon (6,6%), Alphabet (6,6%) e IBM (8,6%), e il terzo maggiore in Lockheed Martin (7,2%) e Caterpillar (7,5%).
Blackrock ricorda qualcosa? È la società di investimenti dalla quale proviene Friedrich Merz, il cancelliere tedesco che ha di recente dichiarato che “Israele sta facendo il lavoro sporco per noi tutti”.
Credo possa bastare per dare un’idea del contenuto dell’ultimo rapporto redatto da Francesca Albanese in qualità di Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, From economy of occupation to economy of genocide: quanto ho sintetizzato proviene dai paragrafi 41, 42, 75, solo tre dei 99 complessivi. Di questo Rapporto, scaricabile qui, ne ha fatto un’ottima sintesi Chris Hedges, già Premio Pulitzer, per molti anni inviato del New York Times sugli scenari di guerra, in particolare in Medio Oriente, che sulla sua newsletter segue da tempo il genocidio in corso a Gaza, e ha dato alle stampe un libro, Un genocidio annunciato, al tempo stesso imprescindibile e già superato dalla tragicità degli eventi.
Francesca Albanese ha costruito un database che cataloga oltre 1000 aziende o entità economiche che, a diverso titolo, collaborano all’attuazione del genocidio in corso a Gaza; nel rapporto ne sono nominate 48, fra cui Palantir Technologies Inc., Lockheed Martin, Alphabet Inc., Amazon, International Business Machine Corporation (IBM), Caterpillar Inc., Microsoft Corporation e Massachusetts Institue of Technology (MIT), insieme a banche e società finanziarie come Blackrock e Vanguard. Ma anche l’italiana Leonardo, Hyundai, Volvo, HP, Booking Holding Inc., Airbnb Inc., Allianz, Axa, Paribas, Barclay, BNP.
Un esempio del ruolo di banche e assicurazioni nel par. 74:
In quanto principale fonte di finanziamento del bilancio dello Stato israeliano, i titoli del Tesoro hanno svolto un ruolo cruciale nel finanziare l’attacco in corso a Gaza. Dal 2022 al 2024, il bilancio militare israeliano è cresciuto dal 4,2% all’8,3% del PIL, portando il bilancio pubblico a un deficit del 6,8%. Israele ha finanziato questo bilancio in forte espansione aumentando le proprie emissioni obbligazionarie, tra cui 8 miliardi di dollari a marzo 2024 e 5 miliardi di dollari a febbraio 2025, insieme alle emissioni sul mercato interno del nuovo shekel. Alcune delle più grandi banche del mondo, tra cui BNP Paribas e Barclays sono intervenute per rafforzare la fiducia del mercato sottoscrivendo questi titoli del Tesoro nazionali e internazionali, consentendo a Israele di contenere il premio sul tasso di interesse, nonostante un declassamento del merito creditizio. Le società di gestione patrimoniale, tra cui Blackrock (68 milioni di dollari), Vanguard (546 milioni di dollari) e la sussidiaria di gestione patrimoniale di Allianz, PIMCO (960 milioni di dollari), erano tra gli almeno 400 investitori provenienti da 36 paesi che li hanno acquistati. Nel frattempo, la Development Corporation for Israel (ovvero Israel Bonds) fornisce un servizio di sollecitazione di obbligazioni per il governo di Israele per privati cittadini stranieri e altri investitori. La Development Corporation for Israel ha triplicato le sue vendite annuali di obbligazioni per convogliare quasi 5 miliardi di dollari in Israele da ottobre 2023, offrendo al contempo agli investitori la possibilità di inviare il rendimento degli investimenti obbligazionari a organizzazioni di beneficenza che sostengono l’esercito israeliano e le colonie.
Mentre le principali piattaforme di viaggio online traggono profitto dall’occupazione vendendo un turismo che sostiene le colonie, esclude i palestinesi, promuove le narrazioni dei coloni e legittima l’annessione, attraverso la pubblicazione di proprietà e camere d’albergo nelle colonie israeliane, comprese le proprietà israeliane di Gerusalemme est (parr. 69-70).
Lo scopo del Rapporto Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio è molteplice. In primo luogo, con una dotta appendice giuridica che si richiama alla legislazione internazionale esistente sui crimini internazioniali e il genocidio, sostenere che la compartecipazione economica consapevole da parte di queste aziende e società viola lo jus cogens e le norme internazionali, e dovrebbe quindi essere sanzionata per la sua complicità giuridica con i crimini in atto (par. 18).
Ma soprattutto, Francesca Albanese interviene sulla rimozione linguistica e politica del ruolo della finanza internazionale, cioè del capitale, nella guerra in atto: ruolo che viene nascosto, rimosso – per chi ha passioni o vezzi lacaniane si può senz’altro parlare di forclusione – dalle narrazioni che, facendo iniziare il conflitto dalle “atrocità commesse dall’ottobre 2023” (par. 18), e giustificandolo come una guerra fra religioni – quando non fra “razze” – ignorano l’ombra lunga del capitale che si estende da anni sull’intera regione compresa fra il Giordano e il Mediterraneo: il “monopolio di Israele sul 61% della Cisgiordania ricca di risorse (Area C)” fa sì che l’economia israeliana sottragga a quella palestinese “almeno il 35% del suo PIL” (par. 24), e consenta di convogliare sui territori facenti parte dello Stato israeliano, o da questi controllati con l’occupazione militare e coloniale, gli interessi di alcuni fra quei “conglomerati aziendali [che] superano il prodotto interno lordo (PIL) di interi Stati sovrani”, “talvolta esercitando più potere – politico, economico e discorsivo – degli Stati stessi” (par. 12).
Come ha detto Albanese in una intervista a Chris Hedges,
Il genocidio a Gaza non si è fermato perché è redditizio, è redditizio per troppe persone. È un business. Ci sono entità aziendali, anche di stati amici della Palestina, che per decenni hanno fatto affari e tratto profitti dall’economia dell’occupazione. Israele ha sempre sfruttato la terra, le risorse e la vita dei palestinesi. I profitti sono continuati e persino aumentati mentre l’economia dell’occupazione si trasformava in un’economia di genocidio.
Inoltre, ha detto Albanese, i palestinesi hanno fornito “campi di addestramento sconfinati per testare le tecnologie, le armi e le tecniche di sorveglianza che ora vengono utilizzate contro le persone ovunque, dal Sud al Nord del mondo”: basta citare lo spyware Pegasus prodotto dalla società israeliana NSO, progettato per operazioni segrete e sorveglianza degli smartphone, che “è stato utilizzata contro gli attivisti palestinesi e autorizzata a livello globale per prendere di mira leader, giornalisti e difensori dei diritti umani” (par. 37). Una “diplomazia dello spyware” cara ai governanti italiani, a partire dal governo Conte-Salvini (quando fu avviata, per candida ammissione di Giuseppe Conte, la sorveglianza illegale delle comunicazioni di Luca Casarini) per estendersi in seguito (aspettiamo di sapere ad opera di chi) ad altri militanti di Mediterranea, giornalisti “impiccioni”, e chissà quanti altri. Fuori dall’Italia, Pegasus aveva già fatto il suo sul lavoro telefonino della moglie del giornalista saudita Jamal Khashoggi, assassinato nel consolato saudita di Istambul il 2 ottobre 2018.
Ma c’è un salto qualitativo evidente nel passaggio dallo Stato-laboratorio di tecnologie militari, e dell’intersezione di queste con l’analitica dei big data, quale fino a ieri poteva essere considerato Israele, e la messa a profitto della guerra all’interno di un vero e proprio ecosistema finanziarizzato senza il quale il processo genocidiario in atto non sarebbe stato possibile: la manifestazione evidente di un regime di guerra permanente, nella quale la macchina bellico-finanziaria sperimenta tecniche di valorizzazione e profitto, e al tempo stesso di redifinizione del ruolo dello Stato attraverso un disegno globale di ridimensionamento degli organismi politici e giuridici sovranazionali, e in definitiva di cancellazione dei limiti segnati dal diritto internazionale umanitario.
Il Rapporto Albanese, ancor più dei precedenti, va quindi preso a modello per elaborare strategie di opposizione al genocidio: a partire, in attesa della pubblicazione dell’intero database, dalle 48 aziende elencate, per le quali vanno attuate pratiche di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzione.
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