La detenuta trans che ha denunciato di essere stata vittima di uno stupro di gruppo avvenuto in carcere a Ferrara è stata trasferita in un altro istituto penitenziario.
La notizia arriva delle pagine locali de il Resto del Carlino di Ferrara, che fa sapere che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, con un atto urgente, ha previsto di trasferirla a Belluno, una delle sei strutture penitenziarie italiane che ha una sezione dedicata ai detenuti transgender.
La detenuta, 45 anni, di nazionalità italiana, era arrivata a marzo all’Arginone di Ferrara, che è un carcere solo maschile, e proveniva dal carcere di Reggio Emilia dove esiste l’unica sezione in regione per transgender. Ben presto la sua vita si era trasformata in un incubo con minacce e molestie.
La 45enne aveva però chiesto fin da subito di non rimanere a Ferrara dove doveva condividere gli spazi con uomini. Aveva infatti già segnalato di essere stata molestata.
Lo stupro sarebbe avvenuto a metà giugno in una cella, da parte di quattro detenuti. I fatti sarebbero successi all’interno della sezione “Protetti” dove la donna era detenuta insieme a detenuti omosessuali e a sex offender, persone condannate per reati legati alla violenza di genere spostati dalle altre sezioni.
Dopo quell’episodio la detenuta si è presentata in infermeria per denunciare il presunto abuso. Subito sono state attivate le procedure previste dal Codice Rosa tra cui il trasferimento al pronto soccorso.
I quattro, tutti di nazionalità italiana, pare abbiano approfittato di un momento in cui le celle sono lasciate aperte per consentire socialità tra i detenuti per invitarla a prendere un caffè. Un inganno per poter abusare di lei.
Sull’episodio la procura di Ferrara ha aperto un fascicolo per violenza sessuale contro ignoti, mentre la Casa Circondariale ha aperto un’indagine interna.
Sulla notizia del trasferimento interviene il garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, al quale la donna aveva telefonato denunciando la violenza: “Ci sono due letture nello stesso perimetro. Il sovraffollamento ha ormai mandato in stallo l’organizzazione delle carceri. Per cui i detenuti più fragili, nel caso in cui questo stupro sia vero, rischiano di essere vittime violenza e l’amministrazione agisce di conseguenza solamente dopo. Oppure se lo stupro non dovesse essere accertato, i detenuti comunque finiscono per essere costretti a inventarsi i fatti pur di arrivare al trasferimento. Sono due dinamiche estreme della stessa medaglia”.
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