È iniziata con una proponenda questione di legittimità costituzionale – relativa alla disciplina del Green Pass – l’istruttoria dibattimentale del processo a carico della 66enne Marcella Gennari e della 54enne Chiara Compagno, le due dottoresse finite alla sbarra con le accuse – a vario titolo – di falso, truffa ai danni dello Stato, corruzione e peculato nella vicenda relativa alle finte vaccinazioni contro il Covid-19 per poter far ottenere ai loro pazienti il Green pass.
A depositare la memoria difensiva è stato l’avvocato Alessandro Valenti, difensore di Gennari, che ieri (3 luglio) mattina, al termine dell’udienza filtro celebrata davanti al collegio del tribunale di Ferrara – presidente Piera Tassoni con a latere i giudici Marco Peraro e Rosalba Cornacchia – ha spiegato il contenuto dell’atto presentato.
“In questa memoria – ha sottolineato il legale – si tratteggiano alcune criticità, alla luce delle evidenze scientifiche, oggi acclarate dalla comunità scientifica, rispetto all’effettiva capacità o meno dei vaccini di prevenire il contagio e la trasmissione del virus. Capacità che in realtà il vaccino pare non avere. Questi elementi che sono già stati valorizzati da alcuni tribunali, giudici e sentenze devono, secondo me, pervenire alla conoscenza della Corte in modo processuale”.
Al momento, la questione di legittimità costituzionale è stata definita “proponenda” perché la difesa ne valuterà la formalizzazione solamente dopo l’audizione in aula dei consulenti tecnico-scientifici e delle due imputate, ieri entrambe presenti in aula.
“I consulenti tecnici – ha proseguito Valenti – potranno fare lo stato dell’arte della scienza e le imputate potranno riferire circa le motivazioni che le hanno spinte a non inoculare il vaccino. Solo successivamente, la questione di legittimità costituzionale potrà essere effettivamente proposta e formalizzata perché, facendo diversamente, la Corte come potrebbe riuscire ad acquisire quei presupposti e quei fondamenti scientifici su cui si fonda la questione da noi sollevata?”.
Quattro – si diceva – le accuse mosse a vario titolo nei confronti delle due imputate a seguito delle risultanze investigative portate alla luce dall’inchiesta Red Pass che, coordinata dal pm Ciro Alberto Savino della Procura di Ferrara, è stata eseguita dagli uomini della Guardia di Finanza.
Il reato di peculato, secondo la Procura di Ferrara, sarebbe stato commesso quando le due donne, una volta in possesso del vaccino fornito dall’Usl, lo avrebbero buttato via invece di iniettarlo ai pazienti. Invece, per ciò che riguarda la corruzione, secondo il castello accusatorio, le dottoresse avrebbero intascato denaro dai pazienti (20 o 50 euro a seconda dei casi) per fingere l’inoculazione del vaccino e far loro ottenere un green pass a fronte dell’attestazione di una dose mai somministrata.
L’accusa di truffa ai danni dello Stato riguarda poi i rimborsi previsti dall’Azienda Usl per i medici di base che eseguivano le vaccinazioni anti-Covid che, quindi, sarebbero stati percepiti indebitamente dalle dottoresse avendo loro attestato in maniera falsa di aver vaccinato i loro pazienti. Infine, il reato di falso si rifà al fatto che le professioniste avrebbero dichiarato inoculazioni, falsi tamponi o esenzioni fasulle, tutte attestazioni per poter riuscire ad emettere il green pass.
C’era anche una terza imputata, la figlia e assistente della dottoressa Marcella Gennari, Francesca Ferretti, che ha già patteggiato la pena di un anno, undici mesi e venticinque giorni.
Il processo tornerà in aula il 4 dicembre.
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