di Manuela Macario*
Il botta e risposta tra i senatori della Repubblica sulla vicenda che ha acceso i riflettori sulla casa circondariale di Ferrara, fa parte del gioco delle parti. Non vorrei, però, che questo improvviso interesse si esaurisse in fretta, una volta spente le luci della ribalta.
Perché il carcere di Ferrara versa in condizioni critiche 365 giorni l’anno. Perché tutti i detenuti affrontano quotidianamente ogni forma di violenza, anche istituzionale. La violenza di un sistema carcerario che non può dirsi rieducativo se, a fronte di 400 detenuti, ci sono solo tre educatrici costrette a farsi carico di oltre 100 persone ciascuna. Quanto tempo deve ancora passare perché vengano assegnate altre educatrici al carcere di Ferrara?
400 detenuti a fronte di 277 posti: spazi ridotti, uomini ammassati in una struttura vecchia e rovente. Ho l’abitudine di fare i colloqui nelle sezioni, di entrare nelle celle. Il caldo è soffocante, mancano ventilatori, e con queste temperature il rischio di scabbia aumenta. La scabbia impregna materassi logori – se si possono chiamare materassi – appoggiati su brande sfondate. Ho visto detenuti usare casse d’acqua per evitare di finire a terra. Ma anche le casse d’acqua costano, e non tutti hanno i soldi: lavora solo il 10% della popolazione detenuta, benché il lavoro sia un diritto. Ma se le aziende del territorio non investono sul carcere, se non assumono e non portano lavoro dentro e fuori, il lavoro non si può inventare.
Potrei continuare a lungo a elencare i problemi che affliggono il carcere di Ferrara, problemi che gravano non solo sulla quotidianità di chi vive la detenzione, ma anche sulla qualità della vita e del lavoro degli operatori: sanitari, polizia penitenziaria, educatori.
Per questo vanno bene le ispezioni a sorpresa, le dichiarazioni e le interpellanze, vanno bene i botta e risposta politici. Ma poi bisogna fare. Fare in modo che le educatrici tornino a essere in un numero congruo e proporzionale alla comunità carceraria di riferimento. Far arrivare ventilatori, per evitare che ci scappi un morto per infarto. Fare in modo che non passino altri 15 anni per realizzare i lavori previsti con i 15 milioni già destinati alla ristrutturazione della struttura. Fare ora, il prima possibile. Anche quando le luci della ribalta saranno spente e la stampa non presterà più attenzione a quel piccolo mondo antico che è il carcere. Dimenticato da tutti, isolato da tutto.
*Garante dei diritti delle persone private della libertà personale
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