Nel giorno in cui la Cassazione conferma e rende definitiva la condanna all’ergastolo al terrorista Paolo Bellini, arriva un cambio storico alla guida dell’associazione che riunisce i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Il presidente Paolo Bolognesi, infatti, lascia il testimone al suo attuale vice, Paolo Lambertini.
Figlio di Mirella Fornasari, una delle “ragazze della Cigar” vittima della bomba alla stazione, Lambertini ha ricevuto l’investitura da Bolognesi nel corso di un’intervista che lo storico presidente dell’associazione ha rilasciato a ‘On ER’, il settimanale tv dell’Assemblea legislativa condotto da Margherita Giacchi.
“È la fine di un’epoca – sono le prime parole di Bolognesi a conferma del passaggio di testimone -. Io comincio avere un’età, ho quasi 81 anni. Se vuoi bene all’associazione che rappresenti, bisogna cominciare a pensare di passare la mano”.
Lambertini, ricorda Bolognesi, che a sua volta raccolse l’eredità di Torquato Secci, “è vicepresidente da quasi 10 anni ma è sempre stato dentro l’associazione, dal momento in cui ha avuto l’età per esserci e credo che sia preparato proprio per poter affrontare tutti i vari compiti che l’associazione può dare”.
Bolognesi resterà comunque presidente onorario dell’associazione.
Quanto alla condanna di Bellini, la consigliera regionale Simona Lembi e il capogruppo del Pd Paolo Calvano affermano che “oggi, grazie alla tenacia dei famigliari delle vittime, alla loro capacità di trasformare un dolore privato in una battaglia pubblica, e grazie al lavoro della magistratura e delle istituzioni del nostro territorio che hanno saputo tenere ferma la barra della democrazia, possiamo finalmente dire: ora abbiamo le prove”.
“Il nostro grazie – sottolineano Lembi e Calvano – va anche tutti gli avvocati di parte civile, in particolare quelli della Regione Emilia-Romagna, che con il loro importante lavoro sono stati determinanti per raggiungere questo straordinario obiettivo. La sentenza della Corte di Cassazione sulla strage fascista del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna è il punto di arrivo di anni di lotta per la verità e per la giustizia. Ora sappiamo, con chiarezza, che nell’Italia dei grandi fermenti democratici degli anni ’60 e ’70 – anni di conquiste civili e sociali per cittadine, cittadini, lavoratrici e lavoratori – ci furono forze che vollero fermare quell’avanzata”.
“Lo fecero con il terrore, con le bombe, con il sangue – aggiungono -. Lo fecero per impedire che il Partito Comunista guidato da Enrico Berlinguer potesse arrivare al governo del Paese. E colpirono ripetutamente Bologna, la città che più di ogni altra aveva dimostrato cosa significasse governare con competenza, solidarietà e partecipazione”.
“Oggi sappiamo che quelle morti – continuano Lembi e Calvano – furono il frutto di un disegno criminale, e di un depistaggio durato decenni. Un disegno che ancora oggi prova a cancellare la verità, anche solo tentando di rimuovere, da una lapide, le parole “strage fascista”. Ma ora sappiamo. E sapere ci rende più forti. Più liberi”.
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