di Elena Coatti
C’è una fiera dove si raccontano le paure. Paure che diventano fiaba, leggenda, memoria. È piccola, si osserva in silenzio, uno spettatore alla volta. Sono storie nate nelle campagne ferraresi, dai racconti sussurrati nei cortili e tramandati a voce. Arrivano da Ferrara, ma hanno incantato perfino la Corea del Sud. Ora ritornano a casa, nella loro città, per farsi ascoltare. Si tratta de “La piccola fiera della paura” di Officina Teatrale A_ctuar: un’opera poetica e artigianale che solo tre settimane fa ha stupito il pubblico del Chuncheon Puppet Festival, tra i più grandi e antichi eventi in Asia dedicato all’arte della marionetta.
E proprio tra le strade di Ferrara, quest’opera ritroverà forma e pubblico grazie a una rassegna che non smette di crescere e sorprendere: la Settimana delle Arti. Un evento teatrale diffuso che si terrà dal 16 al 20 giugno e che, alla sua quinta edizione, torna con ancora più spettacoli serali e ospiti internazionali. Tra i momenti da non perdere, la serata speciale dedicata al “Teatro in miniatura”, mercoledì 18 giugno nel giardino del Centro Acquedotto, dalle 21. In questa occasione, A_ctuar presenterà il suo mini-spettacolo “della paura” in versione integrale.
Dopo il successo di Officina Teatrale A_ctuar al prestigioso Chuncheon Puppet Festival, abbiamo raccolto la testimonianza degli artisti Sara Draghi e Massimo Festi su cosa significhi rappresentare l’Italia (e soprattutto Ferrara) in uno dei festival di teatro di figura più importanti a livello internazionale, tra racconti popolari e creature fantastiche che non conoscono confini.
Com’è nata l’opportunità di portare “La piccola fiera della paura” in Corea?
Grazie a un bando internazionale, il nostro progetto è piaciuto e così ci hanno invitati al Chuncheon Puppet Festival, che si è tenuto dal 23 maggio al 1 giugno. Quest’anno è caduto in concomitanza con il congresso mondiale Unima, l’associazione internazionale per il teatro di figura. È un evento gigantesco, con artisti da tutto il mondo, spettacoli ininterrotti, conferenze, workshop. E noi lì, con le nostre piccole storie di Ferrara.
Cosa avete portato esattamente?
“La piccola fiera della paura” è uno spettacolo intimo, fatto di due teatri in miniatura per uno spettatore alla volta. Uno è un teatrino d’ombre, l’altro funziona a manovella, con disegni che scorrono mentre ascolti la storia in cuffia. Attorno c’è il nostro “Piccolo museo dei reperti incredibili”, dove mostriamo degli oggetti appartenenti alle creature fantastiche: il cappellino rosso del Mazapégul, le lacrime dell’orco delle paludi, i capelli della strega Borda… tutte figure nate dal folklore ferrarese e contadino, che popolavano il buio per spiegare paure reali, come la morte, le malattie, l’infanzia rubata.
E com’è stata la reazione del pubblico coreano?
Sorprendente. Soprattutto perché erano adulti, non bambini, a entrare e lasciarsi andare. In Italia spesso il teatro di figura viene etichettato come “infantile”, ma in Corea gli adulti sono accorsi in massa. Si emozionavano, restavano incantati, e ritrovavano in quelle paure arcaiche. Sono stati incontri profondamente umani.
Avete dovuto adattare lo spettacolo alla cultura locale?
Solo la lingua. Tutto il resto – estetica, struttura, narrazione – è rimasto identico. Le storie erano raccontate in cuffia, tradotte in coreano e registrate. Noi animavamo seguendo segnali prestabiliti. E ha funzionato. Le storie popolari hanno un codice emotivo universale: parlano alla parte ancestrale di ogni essere umano.
Quanto c’è di Ferrara in questo spettacolo?
Tantissimo. Le storie vengono dal nostro territorio e dal lavoro di ricerca che non si è mai interrotto. Andiamo a parlare con le persone anziane, leggiamo libri dimenticati, raccogliamo leggende che altrimenti andrebbero perse. È un’archeologia orale. “L’urlone del Barco”, per esempio, è un racconto ferrarese. Altre storie di fantasmi vengono da Guastalla, Cotignola o dalla campagna emiliana e romagnola. Eppure emozionano anche i coreani, o sudamericani che ci dicevano: “Anche noi abbiamo una creatura simile!”. Le paure cambiano nome, ma non sostanza.
Cosa vi portate a casa da questa esperienza?
I contatti, le ispirazioni, i lavori altrui. Partecipare a un festival internazionale ti apre la mente. Vedi soluzioni sceniche nuove, tecniche che ti arricchiscono. Non copi, ovvio, ma ti ispiri. È un confronto necessario che, spesso, non uscendo dai confini del proprio paese fatichi a trovare. Per noi, essere lì è stato ossigeno creativo.
E ora si torna a Ferrara, alla Settimana delle Arti…
Esatto. Faremo vedere “La piccola fiera della paura” nella versione completa durante la serata “Teatro in miniatura”. Ci saranno altre tre compagnie, come i franco-italiani Pouët, e micro-spettacoli molto originali. È un modo diverso di vivere il teatro, più raccolto, più intimo.
Quest’anno c’è una novità nei biglietti, giusto?
Sì, per alcuni spettacoli abbiamo introdotto un piccolo contributo simbolico, per sostenere i costi crescenti. Ma la maggior parte degli eventi è gratuita, compresi progetti speciali come “Cartografie”, uno spettacolo teatrale-cinematografico diretto da Paola Di Mitri. Vogliamo che la cultura sia accessibile, ma anche sostenibile.
La settimana dal 16 al 20 giugno a Ferrara si animerà di racconti, visioni e creature fantastiche. Un’occasione per ritrovare la meraviglia, quella che – parola di Officina A_ctuar – abita nelle storie che ci hanno fatto paura da bambini. E che, forse, ci aiutano ancora oggi a capire chi siamo.