“Un momento per riflettere, a vent’anni dalla morte di Federico Aldrovandi per mano della polizia – spiega Andrea Boldrini, amico di Federico – su cosa sia cambiato e cosa no, nel rapporto tra Stato, forze dell’ordine e cittadinanza. Un confronto per costruire alleanze, resistenze e nuove campagne comuni. Perché la memoria non sia solo ricordo, ma leva di cambiamento”. Un momento di discussione, venerdì 13 giugno al Circolo Arci Bolognesi,
“Vent’anni senza Aldro”, un dibattito organizzato venerdì 13 giugno presso il Circolo Arci Bolognesi, in piazzetta San Nicolò 6 a Ferrara, dal Comitato Federico Aldrovandi 2005-2025 su ordine pubblico e giustizia sociale: il primo di una serie di eventi in programma per il ventesimo anno dalla morte.
Inizio previsto intorno alle ore 18 con un’introduzione di Luigi Manconi, sociologo, ex senatore e presidente di A Buon Diritto, associazione che si occupa di privazione della libertà, immigrazione e diritti umani e civili
Seguiranno tre sessioni consecutive. La prima alle 18:30, dal titolo “Il nuovo volto della repressione: il Decreto Sicurezza”, che approfondirà come il nuovo decreto ridefinisce l’ordine pubblico, la gestione del dissenso, il carcere e le droghe. Quali i rischi per le libertà fondamentali? Con interventi di Giulia Melani, presidente de La Società della Ragione, associazione che si dedica a questioni di giustizia e diritto penale, Nausicaa Turco, di Antigone Emilia – Romagna, associazione per la tutela dei diritti in carcere, e Veronica Tagliati, segretaria generale di Cgil Ferrara. Coordina il tavolo Leonardo Fiorentini di Forum Droghe.
La seconda sessione, con avvio alle 19:10, parlerà di “Memoria e cambiamento”, ovvero cosa è cambiato, se è cambiato, in questi vent’anni nel comportamento e nella cultura delle forze dell’ordine. Che ruolo ha avuto il movimento che ha chiesto giustizia per Federico? Si confronteranno l’avvocato Fabio Anselmo, che ha rappresentato la famiglia di Federico, Pietro Colapietro, segretario generale del sindacato di Polizia Silp Cgil, Laura Renzi di Amnesty International e Walter Massa, presidente nazionale di Arci. Coordina il tavolo Valentina Calderone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma.
La terza sessione, con inizio alle 19:50, affronterà il tema “Convergenze e resistenze”: che forme di resistenza e alleanza tra movimenti, sindacati, associazioni, possono contrastare questa deriva? Un dibattito aperto al pubblico e alle realtà presenti per far emergere proposte, campagne comuni, verso il rilancio di una battaglia collettiva per la giustizia e i diritti.
Alla conclusione dei lavori, dalle ore 20:30, ci sarà un dj set musicale con DJ Puz.
“Il Decreto Sicurezza, divenuto legge proprio in questi giorni – commenta Leonardo Fiorentini, moderatore del primo panel – è solo l’ultimo dei provvedimenti repressivi, di questo e di altri governi che lo hanno preceduto. Questo Decreto è legato a filo doppio alla storia di Federico, a partire dalle garanzie per gli appartenenti alle forze dell’ordine sotto accusa per abusi, sino alla presa in giro delle body cam, facoltative e senza alcun controllo terzo sul loro uso. Ma nel complesso le norme ci parlano di una politica che decide di ignorare ciò che succede nel profondo del paese, nelle strade e nelle piazze dove le diseguaglianze generano insicurezza e inevitabile conflitto. Uno stato autoritario che crede di risolvere tutto a suon di populismo penale, inasprendo le pene per reati minori, o addirittura trasformando la disobbedienza civile in reato. Non in base alla gravità degli stessi, ma perché commessi da determinati nuclei sociali, che siano migranti, donne Rom o oppositori politici”.
“Fare un bilancio di questi vent’anni senza Federico non è facile – riflette Valentina Calderone, moderatrice del secondo panel – ma è evidente quanto la sua storia ci abbia insegnato. A livello collettivo è sicuramente cresciuta la consapevolezza su questi temi, e per quanto ci siano state alcune acquisizioni anche importanti – penso all’introduzione del reato di tortura, tra tutte – le morti e gli abusi nel corso di interventi di polizia non sono cessati. E allora la memoria serve per darci slancio e ripartire, per continuare a vigilare e a pretendere il rispetto dei diritti e dell’integrità di chi si trovi nelle mani dello Stato”.
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