Gentile Direttore,
mi rivolgo a Lei e ai lettori del Suo stimato quotidiano per condividere una riflessione sulla questione della denatalità, tema che ciclicamente riaffiora nel dibattito pubblico e che viene spesso attribuito a fattori economici, come la carenza di servizi per le famiglie o la precarietà dei salari.
Pur riconoscendo l’importanza di questi elementi, credo sia necessario guardare più in profondità e interrogarsi sulle cause culturali e sociali che hanno portato a una progressiva erosione dell’idea di famiglia come valore centrale nella vita delle persone. Per decenni, attraverso i media, la narrazione dominante ha incoraggiato modelli di realizzazione personale incentrati esclusivamente sulla carriera lavorativa, sul successo individuale e sull’accumulo di esperienze. La famiglia, un tempo percepita come una ricchezza, è scomparsa progressivamente dall’immaginario collettivo, tanto da essere vista da molti non come un traguardo, ma come un ostacolo alle proprie aspirazioni.
Se la società continua a trasmettere il messaggio che la piena realizzazione si raggiunge solo attraverso il successo professionale e l’indipendenza assoluta, come possiamo stupirci se le nuove generazioni scelgono di posticipare o evitare del tutto il percorso familiare? Non è forse il caso di riportare l’attenzione su ciò che la famiglia può offrire in termini di felicità, stabilità e senso di appartenenza?
Credo sia giunto il momento di avviare una riflessione più ampia su questo tema, coinvolgendo tutti gli attori della società: istituzioni, media, imprese e cittadini. Solo recuperando una narrazione equilibrata, che valorizzi tanto la crescita personale quanto la bellezza della dimensione familiare, potremo davvero invertire la tendenza alla denatalità e garantire un futuro più armonioso alle nostre comunità.
Livio Poletti