Politica
30 Maggio 2025
Dall’ex ministro a Ferrara un monito contro l’astensionismo e a favore del ‘sì’

Referendum. Orlando: “Impedire l’aggressione ai diritti”

di Redazione | 5 min

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Il risultato del referendum rischia di essere utilizzato per costituire un’aggressione ulteriore ai diritti dei lavoratori”. Queste sono state le parole con cui il deputato Andrea Orlando, ex ministro del lavoro durante il governo Draghi, ha voluto lanciare un monito contro l’astensionismo e a favore del ‘sì’ ai quesiti del prossimo referendum dell’8 e 9 giugno.

L’ex ministro, infatti, ha presenziato a un’iniziativa pubblica promossa dal Partito Democratico dal titolo “Verso il referendum – Una svolta concreta per il lavoro, le crisi aziendali e l’occupazione”, tenutasi presso la sala macchine del Factory Grisù, e alla quale hanno preso parte anche Laura Calafà, professoressa ordinaria di diritto del lavoro, e Stefano Bondi, segretario provinciale di Fiom Cgil.

All’evento, Orlando ha spiegato il motivo per cui l’esito positivo del voto sia una garanzia per i diritti dei lavoratori: “Il problema non riguarda solo i lavoratori che possono sperare o non sperare in funzione del tema della reintegra: riguarda tutti i lavoratori, anche quelli che oggi sono garantiti e tutelati. Se passa la parola d’ordine secondo la quale il Paese è disinteressato alla tutela dei diritti dei lavoratori si apre un’autostrada per comprimerli ulteriormente”. In questo, secondo il deputato, sta l’importanza generale del dovere civico del voto e particolare di votare ‘sì’ a questo referendum, un’importanza che deve prescindere dal colore politico: “Bisogna portare più gente possibile a votare, gente di destra, gente di sinistra, gente che non va a votare. Io non sono per dire che questo è un referendum contro la Meloni: questo è un referendum per difendere i diritti dei lavoratori e per impedire che ci sia un’ulteriore aggressione ai diritti dei lavoratori”.

Un’aggressione a cui anche gli stessi esponenti e attivisti dem devono prestare le dovute attenzioni, i quali devono considerare la profonda attualità dei temi proposti dai quesiti referendari: “Utilizzo – ha dichiarato Orlando – una dichiarazione di una mia compagna di partito, la vicepresidente del parlamento europeo (Pina Picierno ndr), che legittimamente sostiene ‘non so se dovrò andare a votare o no’ e che spiega che è una disputa del passato. Io questa affermazione la contesto radicalmente: non solo perché è molto un problema del presente il tema del rapporto dei democratici con i lavoratori e con le classi popolari, ma anche perché questo tema oggi si pone in un contesto radicalmente diverso persino al momento in cui è stato votato il jobs act”.

Un contesto diverso perché oggi il mercato del lavoro è determinato dal grado di competitività di una nazione, per cui “la gente va a lavorare dove ci sono più garanzie e salari più alti”. In questo contesto “difendere la forza lavoro” è diventato il punto fondamentale affinché un Paese si affermi nella “prossima battaglia tra i Paesi europei”, ovvero quella che si baserà sulla “possibilità di accaparrarsi manodopera qualificata”. In sintesi, il referendum secondo l’ex ministro, con il suo esito positivo, potrà dare una spinta al sistema di garanzie complessive dei lavoratori che, insieme a salari e welfare, è uno dei fattori chiave che porteranno ad accentuare la competitività italiana sulla scena europea e globale.

L’importanza del referendum è stata sottolineata anche da Laura Calafà, la quale ha analizzato i risvolti concreti nel caso in cui passassero i cinque quesiti. Per il primo quesito si richiede la cancellazione dell’idea secondo cui “il trattamento di un licenziamento illegittimo cambia a seconda del momento in cui sei assunto”.

Oggi chi è stato assunto prima del 7 marzo 2015 ha un trattamento rispetto al licenziamento illegittimo” che è diverso rispetto a chi è stato assunto dopo tale data – oggi circa 3 milioni e 500mila lavoratori – e votando sì all’abrogazione del decreto legislativo 23 del 2015 si cancellerà “un decreto che impedisce alle persone di avere trattamenti diversi rispetto al momento dell’assunzione e ci si allinea alle sentenze della corte costituzionale”.

L’allineamento alle sentenze della corte costituzionale si avrebbe anche con l’abrogazione della materia prevista dal secondo quesito, in quanto la consulta “ha segnalato in una sentenza recente che le indennità non devono essere commisurate sulla base del numero dei lavoratori”. “Nel momento esatto in cui abrogo una parte dell’articolo 8 della legge 604 del 1966 – ha dichiarato Calafà – , do cuore all’idea che non ci sia un tetto per il risarcimento d’indennità per chi è licenziato dalle piccole imprese”.

Con il terzo quesito, come ha spiegato la professoressa, “torniamo sull’idea di base che il numero di assunti con contratto a tempo indeterminato è più basso del numero degli assunti con contratto a tempo determinato”, tenuto conto che “su un flusso di 1milione e 272mila contratti a tempo indeterminato, il corrispettivo dei contratti a termine è di 4milioni”. Con il referendum “verrà segnalata questa distorsione”.

Il penultimo quesito promette la “riaffermazione della solidarietà”, chiedendo di abrogare le norme che impediscono, in caso di infortunio negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Una solidarietà che, seppur di stampo diverso, riguarda anche il quesito sulla cittadinanza, che garantirebbe più stabilità a chi risiede sul territorio da 5 anni, “stabilità che significa futuro e la questione demografica passa anche da qui”, come ha concluso Calafà.

Infine l’invito di Stefano Bondi: “È importante andare a votare perché tutti i lavoratori avranno più diritti”, un voto tanto più importante per il nostro territorio “in cui abbiamo il tema dei licenziamenti collettivi e dei fallimenti” e in cui “stiamo andando verso la deindustrializzazione”.

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