di Elena Coatti
Non c’è simbolo di partito sulla scheda. Nessun volto a cui affidare una delega in bianco. L’8 e 9 giugno, dice Maurizio Landini, “non si vota per qualcuno. Si vota per qualcosa”. E in un’Italia dove metà degli elettori resta a casa, dove il lavoro è sempre più frammentato, sottopagato, precario, quel “qualcosa” ha il sapore di una possibilità concreta di cambiamento.
Parte da questo concetto il segretario generale della Cgil, sul palco del gremito Teatro De Micheli di Copparo, lunedì (26 maggio) mattina, per spiegare i quesiti del referendum promosso dal sindacato. A condurre il confronto con Landini, il direttore di Estense.com Marco Zavagli, dopo i saluti istituzionali del sindaco Fabrizio Pagnoni e l’introduzione della segretaria generale della Cgil di Ferrara Veronica Tagliati.
Nel suo intervento, Tagliati mette a fuoco con lucidità l’urgenza della mobilitazione. “Troppo spesso – afferma – si parla di lavoro in termini numerici: tasso di occupazione, Pil, produttività. Ma si tace sulla qualità del lavoro. Eppure, chi siede in questa sala sa bene cosa significhi lavorare con contratti a termine, part-time involontario, ritmi insostenibili, differenze di genere e generazione. Siamo di fronte a quattro emergenze: lavoro irregolare, lavoro precario, lavoro sottopagato e mancanza di sicurezza“.
Quando Landini prende la parola, lo fa con la fermezza di chi non sta cercando applausi, ma ascolto. “Questo referendum non è contro qualcuno. È contro un modello di lavoro che ha fallito. E che va cambiato adesso“, esordisce. Racconta del suo tour tra i mercati, le piazze, i volantinaggi, gli incontri faccia a faccia. Gente che gli chiede se si debba votare per lui. “E io rispondo: No. Voti per te. Per tuo figlio precario. Per chi lavora in subappalto senza tutele. Per i diritti di tutti i lavoratori e le lavoratrici. Non voti per la Cgil o per un partito”.
Il suo affondo è radicale, e affonda le radici in un’analisi che abbraccia gli ultimi venticinque anni di politiche sul lavoro: “Noi stiamo proponendo di cancellare leggi approvate da governi di destra e di sinistra. Dal Jobs Act alla liberalizzazione dei contratti a termine, alla deregulation negli appalti: tutte queste riforme hanno avuto un comune denominatore. L’idea, sbagliata, che per rilanciare il Paese si dovesse rendere tutto più flessibile. Ma flessibilità è diventata precarietà, ricattabilità, insicurezza”.
E il prezzo lo pagano i più fragili: “In Italia si può morire sul lavoro più che in Germania o in Francia. Guarda caso, muoiono soprattutto i precari, gli interinali, quelli negli appalti. Non è un caso: è il prodotto di un sistema”.
Landini tocca poi il tema delle disuguaglianze: “Abbiamo 6 milioni di persone che guadagnano meno di 11mila euro lordi l’anno. Il 67% dei lavoratori dipendenti sta sotto i 25mila. E intanto nel 2023 – lo dice Mediobanca – le grandi imprese e le banche hanno fatto 132 miliardi di euro di utili. E l’80% di questi profitti non è stato reinvestito. È andato agli azionisti”.
“Questa ingiustizia – prosegue il segretario generale – non colpisce solo i lavoratori dipendenti, ma anche chi vuole fare impresa in modo serio. Il sistema del massimo ribasso, dei subappalti, ha favorito i furbi, non chi investe nella qualità”.
Per Landini, la posta in gioco è molto più ampia del solo ambito sindacale: “Non stiamo difendendo solo il lavoro. Stiamo difendendo un’idea diversa di società. Dove la persona viene prima del profitto. Dove si investe in sanità, in istruzione, nella transizione ecologica. Non in armi. Una società dove il lavoro dà dignità e futuro alle nuove generazioni di giovani”.
E allora, conclude, il referendum è anche un’occasione democratica da non perdere: “Non si tratta solo di cancellare delle leggi. Ma di mandare un messaggio fortissimo: che il lavoro ha diritto di parola, che la partecipazione non è morta”. Non è una battaglia simbolica, ma concreta: il giorno dopo il voto, se il quorum sarà raggiunto, le leggi cambieranno davvero. E con esse, per milioni di persone, cambierà la quotidianità. In un tempo in cui la democrazia attraversa una crisi profonda, quella voce di una donna incontrata a Trento durante un semplice volantinaggio, racconta Landini, risuona come un segnale potente: “Questa volta ci vado a votare, perché finalmente si vota per qualcosa“.
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