“L’Europa ha paura, si è chiusa in fortezza in un momento in cui ha bisogno di persone e di persone migranti per riorganizzare la propria vita e il proprio lavoro, la propria vita sociale”. Il vescovo Gian Carlo Perego regala queste parole a margine di un evento del Festival della Progettazione Europea ospitato dall’Università di Ferrara in cui è ospite insieme ad Adam Atik, presidente dell’associazione Cittadini del Mondo.
Il Vescovo parla delle politiche di accoglienza, “delegate ai singoli Stati” mentre l’Ue si è principalmente accollata quelle di controllo delle frontiere. “Un ripensamento di questa politica – aggiunge – sembra necessario, diversamente si va verso una direzione in cui la chiusura creerà anche maggiore insicurezza e violenza“.
Non si può guardare solo all’Europa e agli Stati che la compongono, serve guardare anche in casa nostra, perché “le realtà di volontariato che lavorano con i migranti sono realtà importanti”. Realtà che “creano coesione sociale” che contrasta insicurezza e violenza. “Non valorizzarle – dice il Perego spezzando una lancia a favore di Cittadini del Mondo – dentro un contesto cittadino e non considerarle importanti da un punto di vista dell’accessibilità da parte dei migranti rischia di indebolire quella politica sociale, quell’attenzione al mondo dell’immigrazione che è invece la strada più importante per generare sicurezza nella nostra città“.
“Io spero – prosegue – che il mondo del volontariato possa essere considerato una risorsa importante dentro la città, e non allontanarla dalla città”. E che sia una risorsa “importante anche quando si occupa di immigrazione”. “Minore coesione – ribadisce – crea insicurezza, crea violenza”.
Accanto al vescovo a parlare era seduto Adam Atik che da qualche anno è presidente di Cittadini del Mondo, associazione, ricorda, “che da 30 anni si occupa di creare coesione e integrazione“.
L’allontanamento della sede storica dal centro cittadino verso Chiesuol del Fosso rappresenta proprio quel problema che “anche l’arcivescovo Perego ha sottolineato”. Verrebbero a crearsi “difficoltà sul raggiungimento della sede” e quindi “marginalizzazione” che è il “contrario di quello che è stato fatto dal dopoguerra agli anni 2000 cercando di avvicinare al centro città le attività che generano inclusione sociale”.
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