“Ho sempre pensato che eravamo in pericolo. Ho letto negli atti che potevo andarmene, ma ero terrorizzato per mio figlio che era dentro. Nella mia mente dovevo difenderlo e così ho agito di conseguenza. Ma tutto quello che volevo fare era fermare i due aggressori, che da un momento all’altro potevano usare la tanica di benzina contro di noi e non ci sarebbe stato il tempo di proteggerci. Eravamo lì ma era come se non eravamo lì. Erano attimi e non c’era il tempo di ragionare. Non volevo però ucciderli“.
Sono le parole che ieri (giovedì 15 maggio) davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Ferrara – leggendo le nove pagine di dichiarazioni spontanee scritte in carcere – Giuseppe Di Gaetano, coimputato insieme al figlio Vito Mauro, ha utilizzato per provare a giustificare la ‘mattanza‘ del bar Big Town di via Bologna, dove – durante la serata del 1° settembre 2023 – è stato ucciso il tatuatore 42enne Davide Buzzi e – con lui – è rimasto gravemente ferito il 22enne Lorenzo Piccini.
Quella sera di fine estate, l’imputato era dentro al locale per fare compagnia al figlio, quando Buzzi e Piccinini – che fino a quel momento non aveva mai incontrato – entrarono spavaldamente nel locale con una tanica di benzina.
“Io – ha raccontato l’uomo, ripercorrendo quegli istanti – ero dentro il locale. I due sono venuti incontro a me e mi hanno superato entrando nel bar. Non mi sono messo in mezzo perché non avevo capito cosa stava succedendo e mi sono scansato lasciandoli passare. Avevo notato che avevano una tanica di benzina in mano, ma proprio in quel momento sono stato colpito allo zigomo sinistro da una violenta gomitata da parte di Buzzi che mi ha fatto stramazzare a terra”.
Giuseppe Di Gaetano ha proseguito: “Per un attimo ho perso i sensi. Mentre provavo a rialzarmi Buzzi mi ha tirato anche due forti pugni in faccia facendomi cadere indietro verso l’uscita, dove Piccinini mi dava un calcio dicendomi di uscire. Sono riuscito a mettermi in piedi subito fuori dalla porta. A quel punto ho estratto un piccolo coltello che portavo sempre con me (e di cui dirà che il figlio non ne sapeva dell’esistenza, ndr), l’ho aperto e ho colpito Piccinini mentre sentivo Buzzi urlare a mio figlio che avrebbe bruciato tutto”.
Si tratta della prima delle due ferite potenzialmente letali – come sostenuto dai consulenti della Procura – che Di Gaetano padre ha inferto con un coltello. La prima – quella appena raccontata – rifilata all’addome di Piccinini, la seconda al collo di Buzzi. Su quest’ultima, ha affermato: “Ho visto Buzzi e Piccinini nell’angolo davanti a Mauro, che era bloccato dall’altra parte del bancone del bar. Allora, velocemente sono entrato. Buzzi urlava fortissimo verso Mauro e io l’ho colpito col coltello”.
“Sono stati colpi casuali. Non ci ho minimamente pensato, ho colpito e basta. Non ho mai mirato alla gola o all’addome, ma è solo stata una casualità” ha sottolineato l’imputato, rispondendo alla pm Barbara Cavallo che – durante il proprio esame – ha sollevato alcune contestazioni sul punto, evidenziando anche altre discrepanze tra quello che Di Gaetano ha detto in aula e quanto invece mostrano le telecamere di videosorveglianza o lui stesso aveva dichiarato nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip.
“Ricordo che Mauro era disperato e piangeva. Io ho chiuso il coltello e l’ho messo nella tasca destra dove l’ho tenuto fino a quando sono andato in caserma. In caserma l’ho messo nella borsa di mia nuora, senza che se ne accorgesse, dicendole di buttarlo” ha proseguito, spiegando il tentativo di far sparire l’arma bianca, che ha detto utilizzava per svolgere alcuni lavoretti casalinghi o fare giardinaggio. “Non credo che lei abbia capito. Non mi ha risposto. Ho saputo che il coltello è stato comunque ritrovato. So che ho fatto una sciocchezza ma in quel momento mi è venuto così”.
“Onestamente – ha proseguito Di Gaetano – penso e sono convinto che quelle erano persone molto cattive per quello che hanno fatto e soprattutto per quello che stavano per fare con la tanica di benzina. Ma questo non cambia il fatto che quello che è successo è comunque una tragedia perché è morto un uomo e questa cosa, comunque andrà a finire, è una cosa che per sempre io e Mauro vivremo con dolore. Siamo distrutti, le nostre vite sono distrutte, una persona non c’è più e anche se quello che ho fatto l’ho fatto con l’intenzione di difenderci so che lui non c’è più e che c’è chi lo piange e soffre. Come potrebbe questo non farmi stare male. Stiamo parlando comunque di un figlio e un padre”.
L’imputato ha chiuso, dicendosi rammaricato per quanto accaduto: “Se potessi tornare indietro cercherei di evitare che succeda quello che è capitato. Ma non so se in quella situazione, in quei momenti, con la paura addosso e con il pericolo che stavamo correndo, sarebbe stato possibile per me pensare a una reazione diversa e fare una cosa diversa. Ho capito la gravità della situazione. Comunque non volevo che finisse così. Sono molto dispiaciuto“.
Si torna in aula il 26 giugno.
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