Goro. Un anno fa nelle acque del Porto di Goro iniziava una ricerca, la prima a livello mondiale, per dare un’identità alle persone scomparse in mare alle quali spessissimo non si può dare un nome e un cognome. A portarla avati era il dottor Giovanni Barbè con la collaborazione di Riccardo Terroni.
Lo studio, dopo qualche imprevisto iniziale dovuto alla voracità del granchio blu, si è concluso in acqua di mare, per la parte pratica, e ora si stanno analizzando e studiando gli effetti presso l’Università di Torino.
La ricerca, unica al mondo fino a oggi in acqua salata, è stata candidata a concorrere per un premio nella sessione del Congresso Nazionale dell’Accademia italiana di Odontoiatria Legale Forense, una società scientifica accreditata presso il Ministero della Salute, che si svolgerà al Lido di Camaiore nel prossimo fine settimana.
Il lavoro del dottor Barbè concorre al premio Marco Orrico istituito nel 2012 per ricordare un collega medico legale di Verona prematuramente scomparso, l’aggiudicazione del premio avverrà dopo l’esposizione dei lavori di 5 odontoiatri legali che esporranno alla platea il contenuto delle tesi di master in odontoiatria legale applicata discusse nel gennaio di quest’anno presso l’Unicamillus di Roma. Si tratta di lavori molto interessanti e pregevoli su tematiche differenti di responsabilità professionale di medicina Forense.
Il vincitore riceverà una bellissima statua intitolata “L’uomo che pensa” dell’artista Maria Angela Fiorasi mamma di Marco Orrico nominata Cavaliere del lavoro dal Presidente Mattarella.
Lo studio di Barbè non è ancora completo e si stanno analizzando i sedimenti che via via si sono attaccati ai denti dall’inizio dei sei mesi. Una volta concluso si potrà fornire un’identità alle tante salme del mar Mediterraneo che ancora oggi sono prive della dignità di avere un nome e un cognome, prima di essere sepolte.
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