Politica
15 Maggio 2025
Approvata una risoluzione a firma di tutti i capigruppo di maggioranza che chiede alla Regione Emilia-Romagna di intervenire nei confronti del governo perché ci sia un impegno a risolvere il dramma in corso in medio Oriente

L’Assemblea legislativa: stop al massacro di Gaza

di Redazione | 11 min

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Il gruppo Avs - Coalizioni Civiche - Possibile porta davanti all'Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna il 'caso' Cittadini del Mondo con un'interrogazione firmata anche dai capigruppo Paolo Calvano (Partito Democratico) e Lorenzo Casadei (Movimento 5 Stelle)

Il governo italiano si impegni per il cessate il fuoco a Gaza e per il riconoscimento dello Stato della Palestina. Sostenga in sede europea l’adozione di sanzioni nei confronti del governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario e nei confronti dei coloni responsabili delle violenze in Cisgiordania. Infine, esiga la tutela dell’incolumità della popolazione civile della Cisgiordania.

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha approvato una risoluzione a firma di tutti i capigruppo di maggioranza in Assemblea legislativa – Paolo Calvano (Partito democratico), Simona Larghetti (Alleanza verdi sinistra), Vincenzo Paldino (Civici con de Pascale), Lorenzo Casadei (Movimento 5 Stelle) – e sottoscritta dai consiglieri Pd Alice Parma, Simona Lembi, Maria Costi e dal Civico Giovanni Gordini che chiede alla Regione di intervenire nei confronti del Governo italiano perché ci sia un impegno a risolvere il dramma in corso in medio Oriente, chiedendo anche sanzioni europee verso Israele e la piena attuazione dei mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale per i responsabili dei massacri in corso a Gaza.

“Quanto avvenuto in queste ore rende ancora più drammatica la situazione a Gaza e non basta a giustificarla l’orrore del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre. Da giorni a Gaza centinaia di palestinesi, malgrado lo stato di guerra, hanno protestato nel Nord di Gaza contro Hamas e per la prima volta hanno invocato apertamente la fine del controllo dei miliziani di Hamas, mostrando quanto la volontà di ribellarsi ad Hamas sia aumentata fra la popolazione civile nonostante le ritorsioni prontamente messe in atto dai miliziani. Da giorni migliaia di israeliani stanno manifestando a Tel Aviv e Gerusalemme contro il Governo, accusando Netanyahu di violare i principi democratici e di stare prolungando la guerra a Gaza per mero interesse politico, mettendo a rischio la vita degli ostaggi ancora in mano ad Hamas”, spiega Paolo Calvano (Pd) nel ricordare come “numerose risoluzioni internazionali, anche risalenti agli accordi di Oslo, hanno affermato il diritto del popolo palestinese alla costituzione di uno Stato, ma tale diritto non ha mai trovato piena attuazione nella realtà, anche a causa della persistente assenza di una volontà politica concreta da parte della comunità internazionale e degli attori direttamente coinvolti capace di trasformare quelle dichiarazioni in azioni effettive. Le immagini di questi giorni sono drammatiche, ci sono tonnellate di cibo ferme ai confini. Il governo italiano non deve avere paura: deve avere il coraggio di dire che quello di Netanyahu è un governo criminale; bisogna dirlo ora, questo è il momento. Servono un cessate il fuoco immediato, serve che vengano liberati gli ostaggi israeliani, bisogna far pervenire gli aiuti internazionali e bisogna riconoscere lo Stato di Palestina, non ci possono essere deportazioni di massa dei palestinesi. Bisogna fermare questo orrore e questa guerra, bisogna bloccare la vendita di armi a Israele”.

Parole, quelle di Calvano, condivise da Giovanni Gordini (Civici con de Pascale) che sottolinea “come un tempo l’Occidente era capace di chiedere il rispetto dei valori. Le deportazioni del popolo palestinese erano iniziate già prima dell’Olocausto. E dalla nascita dello Stato Israele sono avvenuti altri fenomeni ma solo oggi portiamo a galla certi aspetti. La macchina della guerra di Israele agisce nel nostro silenzio, colpendo anche il servizio sanitario e quello che proseguirà sarà la morte. Siamo tornati alla morte per fame. Dobbiamo essere capaci di prendere una posizione”.

Per Maria Costi (Pd) “a fronte di 15 mila bimbi uccisi, 30 mila feriti o mutilati, 18 mila con traumi gravi, al blocco totale degli aiuti umanitari, medicinali respinti e fermati e rischio infezioni è importante per tutti noi della Regione Emilia-Romagna intervenire per la Striscia di Gaza. Ribadiamo l’unica prospettiva: due Stati sovrani e democratici. Abbiamo aperto un bando per lavorare appena possibile con la Striscia. E dobbiamo continuare a difendere la pace e coinvolgere i giovani nei progetti per la difesa della pace. Invito a estendere questa risoluzione in tutti i consigli comunali e provinciali”.

Simona Larghetti (Avs) aggiunge: “Le proposte di mediazione devono partire dal pieno riconoscimento della volontà e dei diritti del popolo palestinese. Questa storia non è iniziata il 7 ottobre. Amnesty denuncia da anni l’apartheid dei palestinesi da parte dello Stato israeliano. Il precipitare disumano del conflitto ha spostato la discussione. La narrazione alimentata dal governo israeliano è che non esistono civili a Gaza. Attraverso questo atto cerchiamo di dare voce a chi in questi anni ha gridato inascoltato e garantire a ogni popolo di autodeterminarsi”.

Per Priamo Bocchi (FdI) “il rischio di affrontare temi di questo genere è quello di dividersi in fazioni e di esercitarsi in un dibattito retorico, fermo restando che tutti siamo per la pace e per incentivare qualsiasi iniziativa che possa portare alla risoluzione dei conflitti. Come rappresentanti delle istituzioni abbiamo la responsabilità politica di considerare il virus dell’antisemitismo come dilagante e crescente in tutta Europa, un campanello d’allarme che non va sottovalutato. Non vorrei che una discussione troppo di parte alimentasse involontariamente sentimenti di antisemitismo che stanno dando segnali preoccupanti. Ho voluto riportare in quest’aula la responsabilità che abbiamo riguardo a questo tema col quale non si può scherzare, così come resta centrale il tema di considerare lo Stato di Israele come una enclave democratica in un territorio difficile e complesso, nel quale si trascinano da decenni conflitti e odi atavici, ma al quale va riconosciuto il diritto di continuare a esistere”.

Replica subito Paolo Burani (Avs) che si dice “convinto di prendere posizione su questo tema, perché lo Stato di Israele sta perpetrando un vero genocidio”. “Nell’arco di un anno sono state uccise oltre 52 mila persone – ha affermato -. A Gaza è stato distrutto il 92% delle case, l’82% delle terre coltivabili, l’89% delle scuole, il 70% di qualunque struttura nella striscia. E, se ci fosse ancora una coscienza occidentale, oggi non ci occuperemmo altro che di Gaza. Ma è evidente che la nostra coscienza collettiva occidentale si sta completamente dissolvendo e questo concetto di ‘Occidente’ si esprime solo con la forza e con il puro dominio brutale. Con questa risoluzione chiediamo al governo italiano di uscire dall’immobilismo, di fermare l’export di armi verso Israele e chiediamo che sia data attuazione ai mandati di cattura emessi dalla Corte penale internazionale per i membri del governo Netanyahu”.

“Abbiamo il dovere di unirci alla voce della comunità internazionale che chiede il cessate il fuoco, il rispetto del diritto internazionale, la liberazione degli ostaggi, l’accesso agli aiuti umanitari sospesi dal 2 marzo, per una popolazione stremata da due anni di guerra”, dice Anna Fornili (Pd). “Non sappiamo ancora con certezza quanti bambini siano morti dal 7 ottobre a oggi – prosegue -. Le stime parlano di 16 mila e più, un numero che paralizza, che fa gelare il sangue. È indispensabile rilanciare con forza un processo di pace che porti alla realizzazione della soluzione dei due popoli e dei due Stati. E l’Europa deve essere parte della soluzione, deve tornare a essere voce attiva nel dibattito geopolitico e non spettatrice”.

“Quello che sta accadendo nella striscia di Gaza ci vede dal punto di vista umano tutti coinvolti, ma le distanze politiche su questa risoluzione sono tante: non viene mai citato il 7 ottobre così come non si è chiari su Hamas, il vero problema di quel quadrante geopolitico. Lo so che tutti in quest’Assemblea condanniamo i fatti del 7 ottobre, ma non se ne parla nella risoluzione e questo è un problema politico. C’è il rischio che questa risoluzione prenda la strada che vuole una certa ultrasinistra”, spiega Alessandro Aragona (FdI).

“Non possiamo ignorare l’appello di Papa Leone XIV per una immediato cessate il fuoco, qui non stiamo scegliendo tra Israele e Palestina, ma stiamo dicendo no a una strage drammatica. E’ ora che anche l’Italia prenda posizione sul no alla vendita di armi”, sottolinea Valentina Ancarani (Pd).

“Capiamo le ragioni di tutti, ma serve fare chiarezza e guardare tutti gli aspetti di questo problema; questa è una vicenda seria, Hamas è pericoloso, Hamas e altri soggetti vogliono cancellare lo Stato di Israele”, spiega Ferdinando Pulitanò (FdI) che annuncia di aver depositato, a nome di Fratelli d’Italia una risoluzione – che non sarà approvata dall’Assemblea legislativa – in cui si chiede “di accertare le violazioni al diritto internazionale da qualunque parte avvengano, di sostenere la soluzione “due popoli, due Stati” e di sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina nel quadro di una soluzione negoziata fondata sulla coesistenza di due Stati sovrani e democratici”.

Per Niccolò Bosi (Pd) “non possiamo restare in silenzio davanti a ciò che si sta consumando. Condanniamo con forza l’attacco del 7 ottobre da parte di Hamas ma proprio in nome di quell’umanità ferita non possiamo accettare ciò che sta accadendo da allora: un’operazione di svuotamento del territorio anche attraverso il blocco degli aiuti umanitari. In questa logica di cancellazione fisica e culturale si sta consumando un genocidio. In quest’Aula chiediamo che cessino le violenze”.

Paolo Trande (Avs) sottolinea: “Questa discussione è rilevante, propria e fondamentale per le caratteristiche democratiche di questa istituzione. È una risoluzione che richiama alla responsabilità la nostra Regione ad alzare la voce con tutti gli strumenti che abbiamo. I numeri di questa guerra sono molto più grandi di quelli che ci arrivano: secondo l’Anset sono stimati 186 mila morti. Come Regione dobbiamo pretendere dal governo e dall’Unione europea la rottura con l’ambiguità, non accettare più un’occupazione che dura da 80 anni. L’Italia non può continuare a vendere armi che vengono usate contro i civili”.

Alice Parma (Pd) ribadisce come “il popolo palestinese sia vittima di un genocidio e l’impegno che chiediamo con questa risoluzione è prima di tutto un impegno di pace. Per questo continueremo a essere nelle piazze e chiediamo a Italia e Europa, di cooperare in quella terra. Col recente bando di cooperazione internazionale per la Palestina, l’Emilia-Romagna sta contribuendo alla resistenza civile della popolazione palestinese e dovremmo fare altrettanto per gli Stati che stanno accogliendo i profughi palestinesi. Stare dalla parte della pace è un nostro dovere”.

Elena Ugolini (Rete civica) ricorda in aula le parole di Liliana Segre che, sottolinea, “aiutano a essere più realisti e veri di fronte a questa situazione drammatica. Segre ha parlato di due popoli in trappola, incapaci di liberarsi dalla condanna a odiarsi e a combattersi a vicenda. Ma ha anche detto, da un lato, di trovare mostruoso il fanatismo teocratico di Hamas e, dall’altro, di provare repulsione verso il governo Netanyahu. E che l’unica soluzione resta quella di assicurare a entrambi i popoli diritti e sicurezza”.

Vincenzo Paldino (Civici con de Pascale) rimarca: “La soluzione per gli israeliani non è il governo Netanyahu, così come per il popolo palestinese non può essere Hamas. Una delle immagini più vere di questo conflitto è vedere come tutti e due i popoli, con sensibilità diverse, si trovino a protestare da un lato contro Hamas e dall’altro contro il governo israeliano. La soluzione dei due Stati resta l’unica possibile ma oggi abbiamo prioritariamente il dovere di far arrivare gli aiuti umanitari, perché altrimenti abbiamo fallito tutti come comunità internazionale e ha fallito anche quel modello di Occidente che tanto sbandieriamo”.

“Non possiamo più girarci dall’altra parte, non possiamo più assistere in silenzio alla tragedia che si sta consumando a Gaza – afferma Lorenzo Casadei (M5stelle) -. Non possiamo più accettare che l’impunità continui a coprire le gravi violazioni del diritto internazionale da parte del governo israeliano. E oggi è anche doveroso ricordare che il problema, da entrambe le parte, non sono i popoli, ma i governatori, i regimi, che si nutrono di odio, di paura e di vendetta. E ogni volta che confondiamo Hamas con il popolo palestinese o Netanyahu con il popolo israeliano facciamo un torto alla verità, alla giustizia e alla speranza di pace”.

“Quando parliamo di Occidente abbiamo tutti in mente l’immagine di Enea che tiene per mano il padre e il figlio e sullo sfondo ha la città di Troia devastata: sono scene ordinarie nella striscia di Gaza”, sottolinea Daniele Valbonesi (Pd).

“La pace deve essere la nostra prima opzione, non possiamo continuare a chiedere la pace se non partiamo dal dramma di Gaza. Siamo di fronte a una situazione drammatica, dobbiamo mettere un argine all’emergenza e alla disumanizzazione”, afferma Maria Laura Arduini (Pd).

“Abbiamo ascoltato parole molto importanti, ammesso che le parole possano rappresentare appieno l’orrore e il baratro di Gaza, perché ci sono circostanze nella storia dell’umanità in cui neppure il linguaggio riesce a farsi interprete dell’orrore. Penso per esempio a quando tanti di noi, partecipando ai Viaggi della memoria, possono avere visitato i campi di sterminio e allora ci si chiede, esiste un linguaggio per definire tutto questo? La stessa cosa accade a Gaza: esiste un linguaggio per definire tutto questo, ci sono parole condivisibili, perché è importante dibattere e sostenere, approfittando del sostegno pieno a questa risoluzione, i suoi contenuti”, sottolinea Elena Carletti (Pd) che ricorda come “padre Bruno Ussar era un religioso di origine egiziana di genitore ebraica che si è convertito al cattolicesimo per diventare frate domenicano. Bruno aveva una sola grande ambizione, un solo grande progetto: costruire ponti di pace. Il ponte di pace più importante che Bruno ha immaginato e costruito è nato nel 1972: un kibutz tra Gerusalemme e Tel Aviv in cui convivono pacificamente israeliani e palestinesi, circa 100 famiglie che ora condividono il terrore di quello che sta accadendo”.

Per Pietro Vignali (FI) “a Gaza stanno arrivando aiuti umanitari italiani grazie al governo. L’antisemitismo di Hamas è appena accennato e siamo a un punto in cui se non si eradica Hamas non può esserci soluzione. Israele è uno Stato democratico che ha diritto di difendersi e se si vuole arrivare alla soluzione dei due Stati l’unico modo è combattere Hamas”.

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