Politica
14 Maggio 2025
Intervento di Fabio Anselmo sul caso dell'Isit Burgatti: "A Cento, insulti sessisti e apologia del fascismo in aula. Ma per il senatore Balboni il problema è l’insegnante che prova a educare"

Quando il fascismo entra in classe e la politica gira lo sguardo

di Redazione | 2 min

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Un’ingiustizia ai danni di uno studente esemplare

Sulla vicenda dell'Istituto Bassi Burgatti di Cento, nel ferrarese, sono sconcertato dalla risposta della dirigente scolastica, che cerca di mistificare i fatti mettendo sullo stesso piano situazioni diverse, relative a momenti diversi

di Fabio Anselmo*

Ancora una volta il Senatore Balboni mette tutto nel frullatore per passare da vittima. Una specialità delle destre, a livello locale e nazionale.

C’è una scuola pubblica, a Cento, nel cuore della provincia di Ferrara. Una professoressa entra in aula e trova questo: studenti che mimano atti sessuali, urlano, gemono, e poi — come se fosse normale — gridano frasi inneggianti al Duce, a Hitler, fino a chiedere la riapertura dei forni crematori.

È accaduto all’Istituto Bassi-Burgatti. Una scena inaccettabile, che in un Paese civile dovrebbe allarmare chiunque. A partire dal Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara.

E invece?

Il Ministro si muove su richiesta del senatore Alberto Balboni. Ma non per stigmatizzare quei comportamenti. Balboni si indigna perché una professoressa ha trattenuto per pochi minuti il telefono di uno studente — sul quale era presente un adesivo di Azione Studentesca, movimento giovanile vicino a Fratelli d’Italia — e ha spiegato che quel simbolo richiama ideologie fasciste.

Secondo il senatore, l’insegnante avrebbe fatto un “comizio”. Avrebbe denigrato “le idee” dello studente. E per questo Balboni ha chiesto un’interrogazione urgente al Ministro.

Ma la dirigente scolastica dell’istituto, Annamaria Barone Freddo, ha ricostruito i fatti in modo molto diverso: «Ho potuto accertare che le cose non sono andate come scritto dal senatore Balboni nel suo documento. Io stamattina avevo firmato la nota data alla classe, ma non l’ho subito associata a quanto riferito dal senatore».

Ha poi chiarito: «La questione non è legata a un simbolo presente sul cellulare, il problema è ben più grave ed è a monte. Il compito di una scuola, di tutto il personale e degli insegnanti, è quello di educare i giovani, per cui di fronte a episodi di questa gravità non è possibile non intervenire».

Non si tratta di un’idea politica. Non si tratta di un telefono.

Si tratta del fatto che in una scuola italiana, nel 2025, una classe intera possa urlare oscenità fasciste e sessiste senza che ci sia indignazione istituzionale.

E che chi prova a fermarli venga attaccato da un senatore della Repubblica.

*avvocato e consigliere comunale Gruppo Civica Anselmo

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