Rifiutiamoci!
Rifiutiamoci di dimenticare che il rifiuto che produciamo non ci torni prima o poi nel piatto, nel bicchiere e nei polmoni.
Rifiutiamoci di dimenticare che il rifiuto che produciamo non ci torni prima o poi nel piatto, nel bicchiere e nei polmoni.
Bibbia e moschetto una volta, Bibbia e drone oggi, il resto non cambia!
La striscia di Gaza ricostruita come un meraviglioso resort sul mare per americani ricchi e i palestinesi dispersi tra vari paesi arabi. Una Nakba o una Shoah, ovvero una catastrofe, una tempesta devastante se andiamo direttamente alla traduzione dei due termini...
Perché dopo un pur brutale attentato compiuto da un gruppo terrorista ai danni di alcuni insediamenti israeliani si persegue la vendetta su un intero popolo? Perché i Palestinesi sono odiati dagli Israeliani come un tempo lo erano gli ebrei?
Come insegnante e come rappresentate politica istituzionale mi pongo le domande sugli errori che io, la scuola e le forze politiche abbiamo commesso per non riuscire a far comprendere l’importanza dell’esercizio di scelta
Ciò che caratterizza questi mala tempora in cui viviamo appartiene al regno dell’assurdo.
Sentire dalla bocca di un Ministro della “Repubblica democratica fondata sul lavoro” – art.1 della Costituzione su cui ha giurato – l’invito esplicito a disertare il voto referendario è la cifra distintiva di coloro che approfittano della democrazia per arrivare ai posti di potere per poi dirottare le leggi stesse della democrazia al proprio volere.
Non condividiamo la proposta referendaria, siamo per un astensionismo politico. Sarebbe già stato grave sentire queste parole da un leader politico di maggioranza, che ha risposto alle critiche così : Illiberale è chi vuole obbligare la gente ad andare alle urne. Se la legge prevede che ci debba essere un quorum, vuol dire che quei cittadini devono riconoscere l’importanza del referendum. Noi non lo condividiamo. Queste frasi sono INTOLLERABILI dette da un Ministro che giura su quella stessa Costituzione che, all’art.75, prevede espressamente l’istituto del referendum abrogativo come strumento di formazione delle leggi “se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto”, che non è un quorum, ovvero un numero minimo per la validazione ma una garanzia costituzionale affinchè sia interpretata la volontà della maggioranza della popolazione.
Un diritto quello al voto ma anche un dovere espressamente previsto sempre dalla Costituzione, che all’art. 48 così recita: Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Dunque un Ministro della Repubblica sprezza un diritto/dovere esplicitato in quella Costituzione di cui un suo collega, Ministro dell’Istruzione si perìta al punto da spingerne – giustamente – la conoscenza nelle scuole di ogni ordine e grado: “Le Linee guida hanno come stella polare la Costituzione italiana, che non è solo norma cardine del nostro ordinamento ma anche riferimento prioritario per identificare valori, diritti e doveri che costituiscono il nostro patrimonio democratico, alimento prezioso e insostituibile di una società imperniata sulla Persona”, dichiara il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, il quale firma il 07 settembre 2024 un decreto legge di pubblicazione delle linee guida in materia di educazione civica, di cui evidentemente si vedono gravi carenze di conoscenza nei rappresentanti istituzionali.
Detto questo, sull’invito a non votare c’è l’altro aspetto drammatico della faccenda, poiché i cinque quesiti si occupano di lavoro e di cittadinanza, ovvero altri due aspetti di pregnanza costituzionale, dato che appunto la Repubblica è fondata sul lavoro e all’art.4 recita: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Queste condizioni sono poi esplicitare agli artt. 35, 36, 37 e 38 dove si affrontano il tema della tutela e della formazione al lavoro, della retribuzione non solo proporzionata e adeguata ma comunque tale da garantire un’esistenza libera e dignitosa, in particolare alle donne con dignità riconosciuta pari a quella degli uomini, per poi riferirsi al diritto all’assistenza per ogni lavoratore temporaneamente o permanentemente inabile al lavoro.
C’è tutto quello che ha permesso nel tempo di avere legislazioni sul lavoro che avevano portato al glorioso Statuto dei Lavoratori entrato in vigore nel 1970 con il famoso art.18 che prevedeva il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro o a un’indennità in caso di licenziamento per motivi discriminatori, nulli o illeciti.
Una conquista che ci siamo mangiati grazie al Jobs Act di renziana memoria.
Ora si riconosce il danno, anche da parte di chi a suo tempo sostenne l’improvvida riforma, e si cerca di porre un freno allo strapotere dell’impresa che di fatto stabilisce le condizioni del lavoro, a prescindere dai richiamati dettati costituzionali e infatti i quattro quesiti sul lavoro puntano ad abrogare il contratto a tutele crescenti, la bella trovata per cui di fronte a un licenziamento illegittimo si disponevano dei minimali e dei massimali di rimborso il cui criterio di determinazione, basato sull’anzianità di servizio la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale. Il secondo quesito vuole eliminare il tetto massimo, pari a sei mesi di stipendio, all’indennità di licenziamento nelle piccole imprese, cioè quelle sotto i 15 dipendenti che, soprattutto nelle piccole città costituiscono l’imprenditoria più diffusa. Il terzo quesito prevede di abrogare la possibilità di stipulare contratti a termine fino a un anno senza causali, ovvero delle motivazioni per cui si ricorre ad un contratto a tempo determinato invece che indeterminato.
Infine il quarto quesito, il più impellente dati i numeri di morti sul lavoro. Si chiede di abrogare l’esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore o del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente da un’ impresa appaltatrice o subappaltatrice. Abrogando l’attuale normativa, detta in poche parole, si ripristina il diritto del lavoratore e della lavoratrice ad ottenere un contratto a tempo indeterminato la cui interruzione deve essere legittimata per legge sia nelle piccole che nelle grandi imprese e si impegna chiunque sia datore di lavoro a ritenersi responsabile in caso di infortunio se non sono state messe in atto le adeguate misure di sicurezza.
Ovvio che nessun lavoratore può dirsi contro queste proposte abrogative mentre le forze politiche che rappresentano il padronato si sbracciano a tentare di farle fallire.
Ultimo ma non ultimo, il quesito sull’accorciamento dei tempi per ottenere la cittadinanza, da dieci a cinque anni. Si chiede di dimezzare il tempo in cui persone che vivono e lavorano in Italia e che possiedono tutti i requisiti per la cittadinanza, dalla casa alla conoscenza linguistica debbano aspettare dieci anni per essere considerati cittadini italiani. Cittadini e dunque potenziali elettori che potrebbero esprimere posizioni diverse dalla logica di profitto che rappresenta la stella polare della Destra. Ecco perché la Destra tutta, a spregio della Costituzione anche in questo caso (art.10), invita a un non voto che invece gli italiani, di nascita o di cittadinanza, devono andare a esercitare in massa!
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