Politica
1 Maggio 2025
L’ex vicesindaco, condannato per induzione indebita, si affida all’avvocato Manes

Caso Cidas. Lodi ricorre in Appello

di Marco Zavagli | 4 min

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Sette motivi per cui la sentenza di primo grado che ha condannato Nicola Naomo Lodi per induzione indebita va riformata o annullata. Tanti sono i punti di contestazione che presentano le 40 pagine con cui l’ex vicesindaco ed ex assessore, decaduto dalla carica in virtù della Legge Severino, ha presentato appello.

A firmarlo è il professor Vittorio Manes del foro di Bologna, nominato di fiducia da Lodi, che ha così sostituito l’avvocato Carlo Bergamasco, che lo aveva difeso in primo grado.

Il ricorso parte dalle circostanze che lo scorso 17 dicembre hanno portato alla condanna di Lodi in rito abbreviato a 2 anni e 10 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, all’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di un anno, al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, con riconoscimento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 2.000 euro e di 2500 di spese legali.

Il primo motivo che fa valere Manes riguarda la configurabilità del reato di induzione indebita nel caso in esame, così come enucleato nelle motivazioni del giudice di prima istanza. Per porre in essere tale delitto, scrive il legale, occorre che il pubblico ufficiale (Lodi in questo caso) possa trarre un vantaggio economico dalla sua condotta e che il privato (Daniele Bertarelli, presidente della cooperativa Cidas al quale l’imputato aveva inviato due mail per chiedere il ridimensionamento o l’allontanamento dal posto di lavoro di Daniele Servelli) non sia in uno “stato di coartazione”. Che non si senta, in sostanza, minacciato.

Nelle due mail inviate da Lodi il 3 maggio 2020 (quella resa nota da Estense.com) e il 14 agosto 2020, l’imputato, “a fronte dei contegni denigratori tenuti dal Servelli nei suoi confronti”, si è limitato a sottoporre la questione a Cidas (di cui Servelli è socio e dipendente), per chiedere una ‘valutazione’ di tali comportamenti.

Secondo la difesa si tratterebbe semplicemente di “un contegno che costituisce solo la legittima espressione da parte del denigrato di chiedere a Cidas una valutazione dell’operato del proprio dipendente e socio Servelli”.

A questo si aggiunge il fatto che Bertarelli non sarebbe mai stato in “uno stato di costrizione”, tanto che “ha espressamente riferito «di aver vissuto le richieste del vicesindaco e l’intera vicenda come una seccatura» mentre «non aveva mai preso in seria considerazione la possibilità di demansionare o trasferire il lavoratore» e, ancora, «di non aver avuto il timore che quella di Lodi fosse una minaccia velata, quanto invece una circostanza spiacevole»”.

Affermazioni che “dimostrano come la vicenda fosse e sia stata vissuta solo e soltanto come una «scocciatura», la quale non ha mai ingenerato alcuna forma di pressione sull’operato della cooperativa”.
Su queste basi Manes chiede alla Corte di appello di assolvere Lodi per insussistenza del fatto.

Il secondo motivo sottolinea il fatto che Lodi ha inviato le mail incriminate “a seguito ed in conseguenza dei contegni denigratori ed antigiuridici tenuti nei suoi confronti da Servelli”. Si tratterebbe quindi di “legittima reazione” volta a “tutelare la propria posizione e a veder cessate le condotte denigratorie e antigiuridiche”.
Motivo per cui l’avvocato chiede l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

Il terzo motivo fa leva sul fatto che Lodi avrebbe agito senza la volontà di “abusare dei propri poteri ovvero della propria qualità” di pubblico ufficiale. Fatto che, se provato, implicherebbe l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

Il quarto motivo verte sulla utilizzabilità a processo delle dichiarazioni rese da Bertarelli in sede di indagini in qualità di persona informata sui fatti. Il ricorso fa presente che, successivamente alla diversa qualificazione giuridica del reato (all’inizio Lodi era imputato di concussione), il presidente della cooperativa è finito coimputato per induzione indebita (è in corso il processo davanti al tribunale di Ferrara).

Ne consegue che “tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nel presente procedimento in senso sfavorevole all’appellante come compiuto dalla sentenza impugnata”.

Il quinto motivo contesta al giudice di primo grado di non aver riqualificato il reato. L’avvocato ipotizza l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni o le minacce.

Essendo entrambi reati procedibili a querela di parte, Manes chiede di non doversi procedere nei confronti di Lodi per difetto di querela nei suoi confronti.

Il sesto motivo punta sull’ipotizzata sproporzione del trattamento sanzionatorio, sia rispetto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti sia quanto all’aumento operato in continuazione del reato, sia per quanto attiene alle sanzioni accessorie.

L’ultimo motivo contesta le statuizioni civili sostenendo che il danno nei confronti di Servelli non sia avvenuto, anche per i motivi appena esposti.

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