È stato sentito ieri (29 aprile), durante l’udienza preliminare davanti al gup Andrea Migliorelli, uno dei cinque imputati a processo per una maxi truffa ai danni dell’Agenzia delle Entrate e di Poste Italiane per 3,3 milioni di euro. La prossima udienza è stata fissata per il 23 settembre quando si terrà la discussione preliminare.
Dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Ferrara nell’agosto del 2024, rischiano il processo un ragioniere 83enne di Treviso, un imprenditore edile 63enne di Novara, un 68enne ferrarese amministratore di tre società e, infine, un 49enne italiano e una 59enne ungherese, titolari di due società ungheresi.
Secondo il castello accusatorio, l’imprenditore edile piemontese avrebbe emesso fatture false a nome di una sua azienda – dichiarata fallita a febbraio 2022 – per complessivi 7.868.992 euro e relative a lavori mai effettuati per il Superbonus nei confronti di 37 persone totalmente ignare dell’operazione, come loro stesse testimonieranno davanti alla polizia giudiziaria, con l’obiettivo – secondo gli inquirenti – di creare un credito di imposta fittizio da scontare presso Poste Italiane.
Per farlo si sarebbe servito di un intermediario che la Procura avrebbe individuato nella figura del ragioniere trevigiano di 83 anni che, attraverso il proprio studio professionale, tra il 29 e 30 settembre e il 30 ottobre 2021, avrebbe trasmesso via telematica le 37 presunte false dichiarazioni alle direzioni provinciali dell’Agenzia delle Entrate di Treviso, Padova e Vicenza, riuscendo a ottenere il riconoscimento di un credito di imposta pari a 7.082.027 euro, che sarebbe stato poi monetizzato attraverso la cessione ad altri soggetti.
Di questi, per la Guardia di Finanza che ha svolto le indagini, una parte – pari a 3.332.027 euro – sarebbe stata ceduta a un 68enne ferrarese che, attraverso le tre società di cui era amministratore, il 27 ottobre 2021, avrebbe poi provveduto a scontare parzialmente quella somma (1.500.000 euro) presso Poste Italiane. Dopodiché, lo stesso avrebbe integralmente girato la somma ricevuta dalle Poste (1.245.000 euro) a due società ungheresi che – per l’accusa – infine la avrebbero fatta sparire.
Ai cinque, che si sarebbero procurati quindi un indebito credito di imposta pari a 7.082.027 euro, reso liquido per l’ammontare di 1.245.000 euro con danno uguale per lo Stato e per Poste Italiane, poi autoriciclati a seguito del trasferimento in Ungheria, vengono contestati – in concorso – i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, truffa ai danni dello Stato o di ente pubblico e autoriciclaggio.
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